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Rubens Shehu. Il commerciale

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Quando leggi un libro non sei mai da solo. Molti altri autori vengono chiamati a raccolta, si avvicinano curiosi come anime a spasso. Si affacciano sulla tua spalla, discrete come possono, non del tutto. Cercano di capire, leggono con te, poi alcune restano, poche, molte se ne vanno.

Quando ho cominciato a leggere Il commerciante di Rubens Shehu, scrittore di origini albanesi, nato a Tirana, che vive in Italia da molti anni, Cioran si è avvicinato, riesumato dai ricordi, con il suo Sommario di decomposizione, il suo Squartamento.

Titoli violentissimi per pagine delicate. Shehu, nei suoi ragionamenti carichi di nichilismo, mentre si aggira sulla bocca del vuoto, perimetrando ogni centimetro del baratro, sembra animato dal soffio, dal pensiero e dal linguaggio, del grandissimo Rumeno.

Se molto simili nelle idee, nell’abolizione della regole della la vita, Cioran e Shehu sono estremamente diversi nello stile. Raffinato, il rumeno, spigolosissimo l’albanese. Molto più simile a Fante, in questo senso, quasi paratattico nelle sue frasi brevi, con paragrafi puntellati come impulsi, come un codice morse.

Il commerciale è la storia di uno spirito, bloccato in una sorta di limbo tangenziale, quasi sempre dentro una macchina. Il protagonista è un rappresentante di una ditta di carta, la Kraftliner, offset, white top. Egli si condanna a una ricerca costante e senza tregua tra l’aspirazione professionale e la soddisfazione di azzardati desideri. Psicofarmaci, sesso, gioco d’azzardo, alcool.

Come un vagone deragliante, attraversa una ferrata folle lunga tre estati. Ma non è la storia, in questo libro che ci rimane, la storia, di fatto, è tutta o quasi riassumibile in venti parole, ma è il pensiero. Il commerciale non è un romanzo, è più precisamente un pamphlet, una presa di posizione. Shehu scrive un’analisi sociale, una rinuncia, fortissima e polemica, irriverente, contro la vita così come ce la siamo immaginata.

Inevitabilmente si muore, ma se Cioran, con il suo nichilismo, il suo svuotamento di senso, è una bussola a portata di mano, mi ha maggiormente incuriosito Montale, che proprio stamattina mentre leggevo le ultime pagine di questo libro, mi torna in mente con una poesia dimenticata, che sembra proprio adatta per chiudere un libro come questo quando dice:

Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto

alberi case colli per l’inganno consueto.

Ma sarà troppo tardi; ed io me ne andrò zitto

tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

Pierangelo Consoli

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Rubens Shehu, Il commerciale, Ventanas 2025, Pp.183, Euro 16

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