Ognuno merita una fuga. E ognuno trova il suo modo per metterla in atto. Jack London, per non soccombere ai suoi demoni, è annegato nella morfina. Mattia Pascal, invece, ha indossato la propria morte pur di liberarsi di sé.
C’è chi fugge scrivendo: dal desiderio, dalla vita, da uno schema che si ripete sempre uguale. Si scrive per scappare da un mondo che non ci rispecchia, dalla condanna di diventare adulti. E cos’è lo scrittore, in fondo, se non un professionista della fuga? Uno che deve allontanarsi da sé, dalla propria identità, per poter vivere altre vite. Anche Benoit “Banana” Martin trova il suo modo.
Da Parigi a Roma è un attimo: via dalla routine, da un matrimonio che incombe, da una vita che gli va stretta. E proprio a Roma si ritrova, quasi senza accorgersene, a lavorare nei Musei Vaticani: pedina inconsapevole in un gioco grottesco più grande di lui, ideato dal suo amico Sorcio e da una banda di antieroi in cerca d’autore. Il piano? Rubare la Gioconda e riportarla in Italia. Ed ecco che l’avventura romana si apre come una sliding doors sul possibile.
Roma, la città eterna, fra i vicoli e le bettole di Trastevere, si rivela il vero complice di Banana. È qui che lui si disperde nel bisogno di smarrirsi, per lasciarsi sorprendere da nuove strade. Roma diventa il luogo dove il desiderio si affaccia: il desiderio di esplorare, di lasciarsi vivere, di perdersi senza sapere se – o quando – si ritroverà.
Ed è proprio in questo abbandono all’imprevedibile che abita lo scrittore.
Perché Banana vorrebbe solo scrivere il suo romanzo in santa pace, godersi la città e perdersi fra le pagine della letteratura americana.
Riscopre John Fante, ritratto con in mano il Colosseo e in tasca una bussola che punta A Ovest di Roma – nella copertina di Nuovi Sperduti di Valerio Carbone, pubblicato da Edizioni Efesto.
Quel John Fante che, a Roma, ci ha vissuto davvero. E che ci ricorda quanto la letteratura sia necessaria alla vita – perfino oltre la vita stessa.
E se Scott Fitzgerald sosteneva che bisogna scrivere la cosa più vera nel modo più semplice, il nostro Benoit ci ricorda che, prima ancora, bisogna anche saper rubare dai grandi. Un po’ come rubare la Gioconda al Louvre, no? E concedere anche a lei, così, la sua fuga?
La Gioconda – personaggio fantasma di questa storia bizzarra e rivelatrice – osserva le capriole esistenziali di Benoit e degli altri sperduti che popolano queste pagine, con lo sguardo di chi “ha visto cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare”.
Con il suo sorriso enigmatico e mistico, è osservatrice muta del desiderio di ognuno di scrivere un’altra storia di sé.
Nuovi Sperduti è un thriller grottesco che, con originalità e schiettezza, racconta il “male di scrivere” – che è anche il male di vivere di una generazione: quella dei millennial, ragazzi non più tali, alle prese con un mondo che non avevano previsto, e incapaci di stare al passo con un tempo che sfugge, muta, accelera.
Fuggire resta l’ultima chiave per provare a tradurre la nostra contemporaneità: allontanarsi, creare distanza da sé e dal mondo, per poi ritornare con in tasca il nome di un desiderio a cui non si voleva dare voce – perché, una volta nominato, bisogna farci i conti.
Trovare così l’incipit della nostra narrazione: quella che nasce da tutto ciò che abbiamo perduto, da “tutta quella gioia che abbiamo schivato”, da quei vuoti che ci definiscono.
Fuggire per ritrovarci.
Perché sì, fuggiamo – ma ritorniamo sempre.
Mariangela Cofone