La realtà è che “La casa sopra i portici” è uscito nel 2012, non che non lo sapessi ma per prima cosa non scrivevo per Satisfiction per poterne parlare e onestamente per quanto amassi Carlo Verdone non avevo molta voglia di leggere un libro di ricordi preziosi che vanno e di porte che si chiudono senza che nessuno ti abbia mai detto che tutto quel ricordo non sarà più tuo. Ma questa estate rivedendo “Posti in Piedi in Paradiso” ho focalizzato bene una scena dove Carlo Verdone chiacchera sotto casa con Micaela Ramazzotti e nel parlare della musica è talmente sincero e vero che va al di là del film in sé. Quella scena mi ha molto impressionato. Sapevo che è un grandissimo amante della musica e lo si capisce nei film, colonne sonore al momento giusto e scene che abbracciano la musica e mai il contrario. Mai scelte banali, ricercato. E ho iniziato a ricercare anch’ io in tutti i modi.
“Quella mattina indossava pantaloni blu e una camicia bianca. Ho visto Carlo Verdone arrivare all’appuntamento per l’intervista su una moto. Il viso un po’ sciupato e a dire la verità molto più magro e asciutto di come lo vedevo in tv. Non scende subito dalla moto, mi osserva e alza il dito ad indicarmi una casa, poi sorride e aprendo la mano capisco che è quella. Che strana però, io me l’ero immaginata diversa. E poi tanti anni a Roma e non ci avevo fatto caso. Eppure le case con i portici mi sono sempre piaciute, mi ricordano il passeggio principale di Crotone, mia città natale, tutto un porticato. Ho “studiato” molto Verdone, ho visto il suo sito, le interviste, ho amato molto il libro, per cui mi sento sufficientemente preparata. Parla poco però e non lo trovo strano. Tanto ero preparata per l’intervista che non so da dove iniziare e come diceva Tom Waits “gli estranei parlano sempre delle condizioni meteo”. E io da lì inizio “che bello il sole solo che a Roma non ha senso, non c’è il mare, preferisco la pioggia. Annuisce o così pare e dice “la pioggia autunnale è un relax ipnotico per me”. Parlo io e molto nonostante abbia un mito al fianco, ma non è uno dei suoi personaggi in questo momento per cui ad un certo punto del cammino lo considero come un uomo da cui apprendere e non da cui estrapolare cose. Sono interessata al modo in cui guarda le vie, perché sì mi dà attenzione, ma si vede che intanto il mondo gli gira intorno.
Ma lo sa Verdone che amo Scott Walker gli domando con aria contenta “Scott Walker rappresenta una piacevole inquietudine e “Big Luoise” è il brano che ascolto di più”. Io invece amo “If you go away”, gli dico con tono fermo mi ricorda un abbraccio mai dato, i momenti che passi dietro ai vetri, i giorni in cui esci di casa per avere gente intorno che sai che non ti chiederà nulla. Forse ha ragione Verdone però nel dire “una piacevole inquietudine”, Scott Walker regala un senso di pace infinito, ma per l’uomo in genere un sentimento costante è quasi impossibile da provare e forse solo perché se ne ha paura. Non ho ancora chiesto nulla del libro, perché in realtà nel suo volto, nel modo che ha di camminare rivedo i suoi ricordi. Rivedo il padre, la mamma, questa famiglia piena di gente da Fellini a Rossellini, rivedo le foto bellissime di un Carlo Verdone bambino con la stessa espressione di ora. Però c’è una cosa che mi ha lasciata piena di inquietudine dopo aver riso dell’episodio. Quando parla di Federico Fellini , che per me rappresenta Dio seduto su una nuvola e che annoiandosi della realtà ha deciso di trasferirsi lassù. A pagina 69 “Insomma, quella creatività che caratterizzò tanti film entrati nella storia del cinema, sfociarono nell’amarissima confessione di non essere più in grado di capire l’attuale realtà. Cercavo di dare una spiegazione a ciò che mi chiedeva … ma non riusciva bene a seguirmi. Non provava più alcuno stupore. Compresi, con molta tristezza, che quel vulcano pieno di frammenti visionari, colorati, ed esagerati, si stava spegnendo in una malinconia senza ritorno”. (Carlo Verdone , La casa sopra i portici). Bene, questo passo mi ha letteralmente frantumato il cuore per molti giorni, e anche ora nel riscriverlo provo immenso dolore. Non so se dirlo a Verdone, anche perché alla mia domanda “Lei guarda il mondo ancora con stupore” non risponde. Che strano ad un certo punto sembra Novembre “ E’ il mese che preferisco” dice. Non so dove stiamo andando sicuro io voglio che mi parli della musica, del libro certo , ma come se fossero note . Vorrei che Carlo Verdone alla fine dell’intervista mi dicesse che “La casa sopra i portici” è la più bella musica che lui abbia mai composto per un suo film . E intanto camminiamo … non amo camminare, ma se parliamo di un pezzo dei Doors allora il cammino si fa piacevole …
Parla di “ Ghost song ” come il brano che ascolta di più. In verità lo ha anche inserito nel film “Posti in piedi in Paradiso”. A me invece piace da impazzire, lo guardo contenta “ Love her madly ”, mi diverte tantissimo come brano, perché cambia e quando un pezzo riesce a cambiare lo trovo esaltante. Gli avrei voluto chiedere se i Doors gli trasmettono passionalità, nel senso puro del termine, perché Jim Morrison e quelle tastiere mi ricordano atmosfere istintive, l’esplosione. Che poi io che ne so, non c’ero negli anni 65/73 ,però sentendo Carlo Verdone e osservandolo quell’atmosfera la provi tutta. “Non gli chiedo di Jimi Hendrix” gli dico, perché come racconta nel libro faceva anche dire le preghiere per lui ai figli prima di farli addormentare. Che domanda puoi fare ad un uomo, un regista e attore realizzato che vive questa passione così forte per un musicista trasmettendola ai propri figli? Era come quando da bambina facevo le preghiere davanti al poster di John Lennon con la scritta “Working Class hero”.Vorrei dirglielo, forse sarebbe il primo uomo che non scoppierebbe a ridere. Non molti lo sanno, ma la tesi di Laurea di Carlo Verdone era sull’influenza della Letteratura nel cinema muto. Che in fin dei conti è una tematica straordinaria se si pensa alle parole e al contrasto e alla forza muta delle immagini .Tutto un mondo da chiedergli insomma. ”La casa sopra i portici” l’acquistai un mese fa (ero in dubbio se questo di Verdone o uno di Flaiano e Garcia Lorca) e poi destino ha voluto che la libreria stesse per chiudere per cui tenni in mano Verdone e posai velocemente Flaiano visto che la scaffalatura era più vicina. In realtà leggendolo mi è proprio parsa bellissima quella casa, anche se nelle prime pagine ci sono due foto a confronto: il corridoio … come era prima e il corridoio dopo il trasloco … Passi nel nulla. Beh la dicitura “passi nel nulla” forse descrive nel migliore dei modi il motivo e il perché di un libro del genere. Quando non vuoi che qualcosa ti venga portata via, la imprimi ovunque, trovi un modo per avercela sempre davanti. Di un ricordo ne puoi fare un tatuaggio, un film, in questo caso un libro. E’ evidente che Carlo Verdone scrivendo “La casa sopra i portici” abbia pensato bene di non far si che quella casa dove lui ha mosso i primi passi diventasse nel futuro una casa di passi nel nulla. E poi non esistono farmaci per i ricordi e il tempo checché se ne dica non aiuta quasi mai. Guarire è un conto, abituarsi all’idea di essere guariti è un’altra cosa. Ad un certo punto però pare che Verdone abbia fretta, cambia espressione, non so non sembra nemmeno Roma più. Eppure volevo chiedergli degli “Who” , di che musica sta ascoltando adesso, se è stato al concerto di David Sylvian. Volevo sapere che libro stava leggendo in questo momento, se ha un momento ancora, se nel libro si è dimenticato volutamente di non ricordare un ricordo. Dall’altra parte della strada un signore ci urla “fatevala na risata” ma non capisco perché. Verdone sala sulla moto, nemmeno mi saluta, mette il casco e mi fa cenno di stare in silenzio. Mi sorride però e se ne va. Io guardo la casa sopra i portici, ma non c’è più crolla sotto la suoneria del mio telefono “Love minus zero” cantata dagli Walker Brothers (nei negozi e dalle fermate degli autobus la gente parla di situazioni legge libri ripete citazioni scrive conclusioni sul muro .Alcuni parlano del futuro il mio amore parla teneramente lei sa che non c’è successo come il fallimento e che il fallimento non è affatto un successo)… è mio padre. Ho inseguito lavorativamente parlando in questi mesi Carlo Verdone e avevo così tanta voglia di intervistarlo, di parlare con qualcuno di una generazione differente ma così vicino ai miei gusti o almeno quelli musicali, che alla fine l’ho sognato. Devo dire la verità l’aver acquistato “Il libro dei sogni di Federico Fellini” credo stia giovando molto al mio inconscio. Ecco però una cosa reale mi piacerebbe dirgliela “ sa Sig.Verdone che grazie al suo libro passeggio di nuovo sotto al porticato di Crotone come quando ero bambina e mi ricordo della mia nonna?”. Un libro a questo serve, a restituirti qualcosa, “La casa sotto ai portici” di Carlo Verdone , Bompiani 2012 restituisce.
“Scrivere non è niente più di un sogno che porta consiglio”( Jeorge Louis Borges)
Ps: Ovviamente le frasi di Carlo Verdone sono reali, prese dal suo sito Ufficiale. Sulla copertina del libro ci sta la scritta “Vintage” i buoni libri migliorano col tempo.