“La vita a volte capita” è un romanzo necessario, perché è necessario fermarsi e riflettere su cosa stiamo facendo, su come stiamo impiegando il nostro tempo e sulle persone che vogliamo essere. Leggere questo romanzo per me è stato come guardarmi allo specchio, per essere certa di considerare oggi le cose importanti, quelle che proprio non possono essere tralasciate, e poter domani tirare un sospiro di sollievo e dirmi: ho vissuto come avrei dovuto.
Ho letto questo romanzo facendo delle importanti soste, non lunghe ma frequenti, perché più volte ho avuto bisogno di respirare dopo aver immaginato la vita di Cesare, un uomo che è entrato a far parte della mia quotidianità in maniera così reale da farmi dubitare che ne stessi solo leggendo.
La vita a volte capita di Lorenzo Marone (Feltrinelli, 2024, 320 pagine, 18,05 euro) è un libro meraviglioso, un libro che mi ha toccata e commosso profondamente. Un libro che tutti noi dovremmo leggere perché, nella sua semplicità, racconta la vita.
Conoscere il signor Cesare per me è stato un onore, avere la possibilità di percorrere, insieme a lui, la sua vita a ritroso è stato un dono.
Lorenzo Marone, con un linguaggio lineare, diretto, con un’ironia acuta e sapientemente dosata, riesce a parlarci di temi universali come la genitorialità, il coraggio di amare, la malattia e, sopra ogni cosa, il tempo che passa.
Attraverso gli occhi del protagonista, un uomo di ottant’anni che riscopre sé stesso quando ormai ha vissuto la maggior parte della propria esistenza, l’autore ci fa un monito: bisogna vivere a pieno, cercando di essere felici, cercando di divenire persone migliori, perché il tempo fugge, è un sospiro in un momento di serenità che avevamo scambiato per noia.
Ed è proprio il tempo il tema centrale, un tempo che non ritornerà più.
Cesare sa di averlo usato male: non ha amato la donna che lo avrebbe reso felice rimando al fianco di chi non amava; è stato un padre distante emotivamente, che ha tralasciato importanti momenti, senza riuscire ad esprimere l’amore che provava ai propri figli; è stato un uomo che non ha rischiato abbastanza per raggiungere la felicità. È rimasto fermo, si è fatto attraversare dalla vita, lasciando al destino, o a qualcos’altro, decidere per la propria esistenza.
Ad ottant’anni però Cesare trova il coraggio di fare un viaggio dentro sé stesso e guardare in faccia ciò che è stato.
Durante un torrido agosto in cui rimane in città a prendersi cura di Batman, il cane di sua figlia, Cesare racconta di quanto si sia sentito solo per la maggior parte della vita e della sensazione di non esserlo più nel momento in cui apparentemente ha perso tutto. Racconta della sua incapacità di abbracciare gli altri e di quanto questo lo abbia impoverito; della prigione in cui due persone, in nome di un amore sbagliato, possono rinchiudersi per sempre condannandosi all’infelicità; dell’assenza di serenità che non gli ha permesso di godere di quei piccoli momenti che avrebbero potuto migliorare la sua vita. L’autore ci narra la storia di un uomo che fa un bilancio della propria esistenza con una sincerità disarmante e che non si nasconde, non trova giustificazioni né fa sconti, nell’analizzare la sua ciò che è stato. Un uomo lucido nel riconoscere i propri errori e che, nonostante la sua età, ha la forza e la voglia di continuare a vivere con nuove consapevolezze. I suoi sensi di colpa lo rendono vicino ad ognuno di noi, nella sua vita vediamo la nostra e troviamo una verità che ci spaventa, perché ciò che è successo a lui potrebbe accadere a noi, o sta già accadendo.
I sensi di colpa però non lo fermano, cerca una rivincita sulla propria esistenza, vuole vivere ciò che gli resta come un uomo migliore, vuole dare ancora qualcosa agli altri, spronarli a reagire, ad esistere e non sopravvivere. E’ in questo cammino, verso la riscoperta di sé stesso, che incontra Iris, una ragazza che salverà dalla disperazione, ed è in quella salvezza che probabilmente assolverà sé stesso. L’animo di Cesare, irrequieto e insoddisfatto, che lo ha reso infelice per un’intera vita, ora sembra acquietarsi, sembra scoprire il senso delle cose, il vero sapore, e lo fa guardandosi indietro, guardando ciò che non aveva capito, ciò che oggi gli pare chiaro.
“La felicità non viene dal cercare in modo spasmodico qualcosa o qualcuno che sazi la nostra fame, non è prendere dagli altri sempre e di continuo, quella è dipendenza. La felicità viene dall’opposto, dal cedere. È un processo di distaccamento: non è riempirsi, è svuotarsi, fino a sentire di non volere più niente.”
Grazie Cesare, tu non lo sai ma forse hai salvato anche un po’ me.
Nancy Citro
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Lorenzo Marone, La vita a volte capita, Feltrinelli, 320 pagine, 18,05 euro