Una recensione doppia, cosa che magari non si dovrebbe fare (evidentemente non conosco ancora appieno il galateo dell’ambiente) ma altrimenti non poteva essere, stante lo stretto legame, e non soltanto per via dello stesso autore, che sussiste fra i due testi.
Questi due saggi, infatti, usciti a brevissima distanza l’uno dall’altro (il primo nel maggio, il secondo nel dicembre dell’anno scorso), come viene detto in esergo a Sulle tracce della Cornucopia rappresentano la seconda e la terza e ultima tappa della trilogia dedicata da Emanuele Franz alla dissertazione di argomenti mitologici da un ben particolare, nonché personale, punto di vista. Avventura (è proprio il caso di dirlo) iniziata al principio dello stesso anno con Alla ricerca del Vello d’oro – Spedizione in Colchide del III millennio. 3400 chilometri via terra e mare (Audax Editrice, gennaio 2024), di cui già è uscita, qui su Satisfiction, una recensione a mia firma. Certamente si potrebbe dire che sarebbe stato meglio, alla luce della brevissima distanza cronologica di uscita dei tre testi, che ne avessi magari proposta una recensione per uno e non con lo spazio di più di un anno tra la prima e le seconde; e però, partendo dal presupposto che homo sum, e anche che i saggi in questione pretendono una lettura calibrata e attenta, ho ritenuto più d’uopo procedere così, e mi assumo tutte le responsabilità del caso (ci tengo a dire altre due cose: primo, che comunque, nello spazio intercorso di cui sopra, mi sono dedicato ad innumerevoli altre letture con eventuali recensioni – e questa è una excusatio non petita; secondo, che il ritmo di “produttività intellettuale” di Franz è talmente elevato che è dura stargli appresso – per dire, tra il primo e il secondo dei saggi componenti la trilogia ha dato alle stampe un altro testo che è nell’ordine delle mie idee leggere prima o poi, ma davvero, non ne ho ancora trovata l’occasione: si tratta di Dialoghi sull’Identità, tra le cui pagine ha raccolto interviste e pensieri del fior fiore dell’intelligencija della nostra Vecchia Europa e oltre. Per non parlare, poi, dell’ultima fatica letteraria, in ordine cronologico, del nostro, il saggio L’Io autistico. Tra esperienza personale e riflessione filosofica di fine aprile di quest’anno, la coraggiosa e al contempo intima narrazione di un percorso alla scoperta e verso l’accettazione della propria condizione di neurodivergente).
Il minimo comun denominatore delle ricerche, sempre sul campo, mai solo libresche, di Emanuele Franz, è la convinzione che i miti, specialmente quelli
della nostra tradizione classica, ma in realtà senza preclusione alcuna, né di tempo né di spazio, non siano dei semplici racconti fantastici del tutto inventati, bensì che queste narrazioni prendano sempre le mosse da un qualche cosa di autentico, fosse anche solo un concetto archetipico presente nella psiche dei popoli che successivamente si sia sviluppato con tempi e modalità differenti. Poi, per il nostro Autore, di capitale importanza risulta essere la considerazione della mitologia, classica e non, quale ricco contenitore di semina Verbi, quelle “anticipazioni del messaggio cristiano” che il fedele ortodosso Emanuele Franz non ci presenta in modalità semplicistica o, peggio ancora, impositiva, ma con una dovizia di particolari (e documenti alla mano, scritti e iconografici) tale che, il non crederci, diviene essenzialmente una scelta personale (rispettabilissima, per carità) di chiunque voglia persistere nel non vedere!
Il primo dei due testi qui presentati, L’acqua della Vita, per la verità si dedica un po’ più all’analisi di quanto in comune le tre religioni cosiddette “del Libro” (Ebraismo, Cristianesimo e Islam) presentano inerentemente la considerazione dell’acqua quale fonte della vita, e non solo di quella fisica (prova ne sia che il termine, nel titolo, è indicato con l’iniziale maiuscola), per quanto i riferimenti alla classicità propriamente detta (che per noi è quella greco-romana) non manchino affatto, vedasi la menzione fatta al fiume Cidno, nei pressi della cittadina di Tarso, luogo natale di quel Saulo futuro San Paolo, sulle cui rive spesse volte si soffermò a pregare l’Apostolo delle genti e che, secoli prima, fu frequentato da Alessandro Magno; oppure quella al fiume anticamente chiamato Harbiye, ora Asi, sulle cui rive, secondo alcune versioni del mito, la naiade Dafne, per sfuggire alle avances di Apollo, venne trasformata dal dio-fiume Peneo – suo padre, sempre secondo alcune versioni del mito; e l’Autore riesce benissimo a districarsi, e a farci districare, in quel gomitolo di concetti, nomi, gradi di parentela che è la mitologia, del quale, senza una guida esperta come la sua, si rischierebbe senza dubbio di non trovare mai il capo – in un albero di alloro.
Di tutt’altra natura (tematica, non stilistica) l’altro saggio del quale si tratta qui tra queste righe, come da sottotitolo su “il corno dell’abbondanza dalla preistoria ai giorni nostri”. Notevolmente più ampia la forbice di trattazione – oltre che alla mitologia classica, si fa menzione, rapida ma sempre approfondita, di quelle indiana e norrena, celtica e nordafricana – pur l’Autore avendo presentato chiaramente fin da subito l’obiettivo a cui il libro mira – freccia scoccata con precisione, bersaglio centrato! -, che è appunto l’analisi del mito della Cornucopia o corno dell’abbondanza nelle sue varie, per tempo e per luogo, versioni, fino a giungere alla dissertazione su quello che Franz ci presenta come “un culto cristiano dedicato all’abbondanza” (del resto, il fatto che da cinque pani e due pesci Gesù Cristo sia riuscito a sfamare “circa cinquemila uomini”, ottenendo poi, addirittura, di riempire dodici canestri coi pezzi avanzati, come altrimenti definirlo? E questo non è naturalmente l’unico riferimento neotestamentario che il nostro porta a supporto della propria tesi).
Non è poi un caso che gli scritti di Emanuele Franz siano sempre introdotti o prefati – o anche “soltanto” apprezzati, mediante l’invio di due righe di complimenti – dalla magna pars dell’intellettualità più coraggiosa dei nostri giorni, sia laica che religiosa, a certificazione del fatto che il lavoro certosino effettuato sulle fonti di varia natura e la personale discesa in campo dell’autore (coi pro e i contro del mestiere, tutti raccontati, con dovizia di particolari talvolta anche ironici, talaltra da lasciare col fiato sospeso, tra le pagine dei due saggi in questione) non possa lasciare indifferenti quanti, magari partendo da presupposti personali, culturali e ideologici anche molto diversi, siano allo stesso modo alla ricerca di un di più.
In fondo, Franz non pretende – non c’è una parola impositiva che sia una tra le pagine non tanto di questi suoi due libri, ma in ognuno di quelli che ho finora letto, sempre comunque troppo pochi – che, come lui, crediamo che il Giardino dell’Eden (e l’acqua della Vita che in esso sgorgava e probabilmente tutt’ora scorre) menzionato nel Genesi possa essere geograficamente identificato e collocato in un ben preciso luogo sito nell’attuale regione dell’Anatolia; così come che riteniamo che originariamente, una Cornucopia effettiva – materiale, forse quella ottenuta da Eracle in lotta contro il dio-fiume Acheloo per Deianira, oppure ideale – ci sia stata e che poi, le varie mitologie ne abbiano concettualizzato ciascuna a suo modo la tematica facendola propria. Ci chiede solo di tenere in considerazione anche il suo punto di vista, che da sempre più parti viene supportato.
Alberto De Marchi
Emanuele Franz, “L’acqua della Vita. Pellegrino in Anatolia alle origini del Sacro” (Audax Editrice, 2024, 132 pagine, 15 euro); Sulle tracce della Cornucopia. Il corno dell’abbondanza dalla preistoria ai giorni nostri” (Audax Editrice, 2024, 163 pagine, 15 euro)