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Franco Battiato. All’essenza

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.La musica per me non è altro che l’impossibilità a trattenere il mio senso di meraviglia nei confronti del mistero e del miracoloso che ci circonda. Mettermi a fare musica quando sono triste non è mai stato solo una pagina della mia visione musicale. Questo mi ha fatto capire che la musica ha un potere incredibile, terapeutico, e che nella sua espressione più elevata essa conduce al silenzio, ma un silenzio che vibra, che danza, che canta, non il silenzio dei cimiteri.

Nel tracciare il ritratto di un artista c’è un momento in cui, anche alla formula più ragionata, qualcosa sembra essere sfuggita, magari qualche episodio emblematico, proprio come all’alchimista che tenta di controllare la materia trasmutabile. Questo libro non è una biografia, pur ricostruendo, come in una memoria riaffiorante, microstorie, dettagli, immagini, intuizioni, materia già incontrata in precedenti pubblicazioni. È una partitura ricca di contrappunti, è un’aria melodica intervallata da pause meditative fra le note. Suddiviso in tre sezioni interne (Spirito – Arte – Materia) preceduti dall’ottima e dettagliata introduzione di Giordano Casiraghi (che ha raccolto in un archivio dischi, registrazioni, articoli di giornale) e dalla Prefazione di Cristina Battiato, (sua nipote e presidente Fondazione Franco Battiato), il libro si connota per una certa presa di distanza dal voler tenere a tutti costi insieme una serie di frammenti e documenti. La rivelazione del complesso universo del musicista scomparso nel 2021, ( compresa la sua attività cinematografica e pittorica) avviene in un procedere vivo e variegato di tessere che ognuno compone secondo la propria affinità con il suo pensiero musicale. Credo che sia indispensabile che nei miei dischi ci sia la mia visione del mondo. Tale visione è la linea-guida fatta di complicità salde e leggere con il lettore.

Si parte dal 1945, anno della sua nascita a Jonia, un paese che nel passato era famoso per il commercio del vino. La passione per la musica arriva all’età di sette anni, come lo studio del pianoforte, alternato al gioco del calcio. A dodici anni, dopo l’illuminante visione di un film con Elvis Presley, inizia lo studio da autodidatta della chitarra. Nasce così il primo complessino che si esibisce durante la festa del Carnevale di Acireale. Prima occasione per coltivare un talento, l’incipit di complesse future dinamiche esistenziali che s’incrociano e interagiscono nel formare una complessa geografia dello spirito. Il suo percorso di evoluzione interiore si coglie nelle infinite finezze timbriche dove si muovono, danzando con le cellule che tengono insieme insegnamenti di maestri tibetani e maestri sufi, passi dei Veda, insegnamenti del buddismo e della teosofia. Battiato ci parla di musica (ricorre il ricordo di quel viaggio in America nel 1973, inizio di quella crisi che segnerà il rinnovamento del suo stile musicale) di meditazione, di morte e di rinascita, di eremitismo , dei modi per resistere alle mostruosità ed ingiustizie del mondo contemporaneo.  Ci racconta alcune esperienze con compagni di viaggio musicale: Alice, Giuni Russo, Milva, Gaber (Gaber e i Mantegazza sono stati i primi a credere in me. È stato Gaber a volere che mi chiamassi Franco e non Francesco, che è il mio nome di battesimo). Esperienze che lasciano il segno, che esplodono sulla tastiera nella lunga distesa di una scala.

L’impressione immediata è che la materia di questo libro non è quella di un saggio e nemmeno di una biografia; segue piuttosto il ritmo di una “ballata” polifonica fatta di geometrie danzanti.

Ognuno, a suo modo, può esplorare ogni immagine come da una finestra su un altrove, generate da un prisma che riflette infinite opzioni del cuore, respirare la fluidità delle soluzioni che si muovono all’interno del linguaggio spirituale e filosofico prescelto. Frammenti sparsi si incontrano per armonizzare le cellule di un corpo che danza ai ritmi delle stagioni che contemplano l’intensità degli incontri, il successo, la vertiginosa carriera musicale, il rapporto con la politica. Ma è la meditazione il “centro di gravità”: Finita l’esperienza da autodidatta ho cominciato a leggere iniziando dai mistici indiani, il sufismo e poi Gurdjieff. Prima di cominciare la meditazione, guardando l’esterno dalla veranda, dico: questo per tutti gli esseri senzienti, tutti insieme. C’è chi tiene gli occhi aperti, io tendo per gli occhi chiusi. La meditazione ha bisogno di spazi per entrare nel gioco, man mano cominci a esplorare te stesso, cominci a sentire che l’energia la fai passare centimetro dopo centimetro. Dall’alto fino all’osso sacro e calcagno per poi risalire fino in cima, dove il cervello ha una rotazione continua di pensieri, che vengono e vanno via. Quando a poco a poco superi questo stadio è un piacere sublime, perché da quel momento sei in calma. E da lì comincia la vera meditazione. In primis l’incontro con i mistici indiani, poi con il sufismo, con Gurdjieff , il più greco dei filosofi del XX secolo e con i cardini del suo sistema. L’ insegnamento del filosofo, del grande mistico armeno, la sua ferrea disciplina, è uno dei motivi per cui fonda nel 1985 la sua casa editrice, l’Ottava, nome che deriva dal concetto che alla base dell’azione su se stessi vi è la conoscenza della Legge del Sette o Legge dell’Ottava che riprende la suddivisione delle note musicali. La legge dell’Ottava raffigura, in sostanza, le fasi di sviluppo di ogni azione o progetto dell’uomo e gli inevitabili ostacoli «meccanici» che tentano di distrarlo fino a bloccarlo. La casa editrice fu attiva fino al 1995 e rappresentò un progetto editoriale nuovo nel panorama letterario italiano. Battiato sarà, infatti, il primo in Italia a pubblicare alcuni libri di Gurdjieff e libri di filosofia sufi in genere. Tutte le volte in cui un individuo si accorge dei propri errori è come se li avesse già risolti. Non c’è rivoluzione né alcun cambiamento sociale senza un lavoro di consapevolezza, senza una ricerca e un percorso interiore. È per questa ricerca che percorre milleduecento chilometri in treno per andare a Konya a filmare i dervisci tourneurs, oggetto di un documentario dove questa particolarissima danza, basata sul concetto della trasformazione dell’energia attraverso il movimento, diventa fenomeno visibile perfino ad uno scettico. Costante il suo interesse sul mistero insondabile del passaggio dove la vita non finisce, è come il sonno, una ricerca di un senso capace di farlo uscire dalla depressione, per cogliere segnali di vita in ogni cultura e religione, nella spiritualità, nel sacro, nel misticismo, nell’esoterico, che si rendono necessarie quando ci si sente sprofondare negli abissi. È allora che scatta la reazione, la ricerca, dentro e fuori di sé, ma con la necessaria distanza nei confronti di tutte le grandi religioni strutturate, la lontananza da qualsiasi dogma. Mettersi in contatto con la morte tutti i giorni, ogni sera prima di andare a dormire, come pensiero fisso, pensare all’idea della fine. La morte è semplicemente un passaggio da una dimensione a un’altra. Ed è un passaggio che non lo spaventa: da vent’anni sono alla ricerca di una adesione, di una sintonia con questo genere di passaggio. Vorrei arrivarci avendo una idea, o una intuizione il più esatta possibile del passaggio vita-morte. Legge Il Libro tibetano dei morti per ben tre volte e in tre diversi momenti della sua vita ma solo alla terza lettura lo trova il libro perfetto, quello che ognuno assimila secondo il proprio metabolismo, la propria cultura.

Il libro è abbastanza crudo, non addolcisce nessun dettaglio. Ma al fondo c’è la convinzione del buddismo tibetano che tutto è “maja”, cioè illusione. E questa consapevolezza aiuta a sopportare anche le cose più orrende. Crede nella reincarnazione; la considera una scienza, così come il karma, il rapporto di causa-effetto tra le nostre azioni e le loro ricadute nella nostra esistenza attuale e in quelle future. Ho sempre saputo che di notte viaggiamo in astrale: nel documentario Attraversando il bardo c’è infatti un viaggiatore astrale che di notte viaggia nel regno dei morti. L’uomo è parte di un’unità cosmica perché costituito di elementi che sono frutto della stessa evoluzione dell’universo Per me la solitudine più terribile consiste nel non capire di essere legati ad un altro mondo, e non sentire che comunque appartieni a qualche universo. Io credo che ognuno sia solo in questo mondo, ma so anche che a livello energetico, a livello di vibrazione cosmica, siamo tutti interconnessi: non siamo delle isole. Il non sapere, questa è invece la solitudine più terribile che ci sia, ed è anche quello che impedisce alla gente di accettare la propria solitudine esistenziale.

Durante una messa a fuoco macro sul mondo politico, si autodefinisce un proletario dello spirito. L’impegno politico è necessario, ed è quello che lo ha portato a firmare canzoni come Povera patria, Ermeneutica, Inneres Auge e Tibet. L’Italia e il mondo devono andare avanti allineati al proprio tempo, quindi con grande civiltà, senza fare più discorsi di destra, di sinistra, di centro e sciocchezze del genere, che ormai non hanno più senso. Il suo è un ottimismo naturale, senza false illusioni; gli dà la percezione che al di là di ogni catastrofica previsione c’è un’Italia sana, solida e intelligente che farà andare avanti il nostro paese. Quando qualcuno gli chiedeva se su questo pianeta ci fossero persone interessanti rispondeva: gli eremiti. Quelli sono i veri capisaldi del nostro pianeta. Fanno tantissimo, più di quello che si possa immaginare. È gente che ha fatto una scelta così rigorosa, soffrono talmente tanto nello stato in cui si trovano, che questa loro ascesi è un’ascesi di tutta l’umanità.

In fondo, proprio come nella sua vita, persiste in queste pagine un’aura mistica , un dispiegarsi di tensioni più verticali che orizzontali, la chiara percezione di un esercizio costante di crescita interiore , meditativa, che spinge verso l’interno e cancella ogni coordinata spazio-temporale.

Rossella Nicolò

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