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Eco, Fabbri e io

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A fine anno si passano in rassegna le persone straordinarie che mi è capitato d’incontrare grazie al lavoro straordinario che faccio, al lavoro che vivo. Innanzi tutto desidero ringraziare la gentile accoglienza dei mediatori, cosa sarebbero le relazioni senza mediatori? Senza mediatori non potresti incontrare i maestri, la maestre, giusto? Una volta a Roma, proprio alla presentazione di “La svolta semiotica” di Paolo Fabbri a Palazzo delle Esposizioni, 1999 mi pare, affrontammo – anzi affrontarono, Eco e Fabbri, l’offerta semantica del/la Mediatore/trice (noi ascoltavamo perlopiù); so per certo che poi finimmo al Renault cafè (ora c’è una profumeria) con Umberto, Paolo e altri e dopo il terzo… non contammo più i daiquiri gelati. Ricordo che recitai a memoria a Eco e Fabbri (che maestri lo erano già allora):

Forte andavamo tutti a quest’ora ieri sera,

volavano les mots e scolavamo i daiquiri gelati,

supina sul pavimento Lisa era distesa

ad ascoltare Schubert sublime e doloroso,

il capo mi ribolliva per una rima che seguiva:

era una bella, una piacevole serata, la baciai in cucina – estasiata – fra tanto bene giù schiacciavamo il crimine.

Il tempo cambia. Questa mattina era freddo,

quando mi avviai al boschetto, senza speranza,

con in tasca un centinaio di Sonetti, vecchio,

da leggerle se veniva. Ben presto il sole

ingiallì i pini e non venne la donna mia

in maglione e blue jeans. Mi sedetti e scrissi.

Il vecchio Hemingway? domandò Eco.

No, John Berryman.

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