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La sposa guerriera

Quando faccio la brava sto bene, molto bene. Ma quando faccio la cattiva, sto meglio.

Uno dei sagaci aforismi della libertina e oltraggiosa Mae West, nata Mary Jean West a Brooklyn nel 1893, attrice, star del musical e il primo vero sex-symbol del cinema americano.

Mae West, Tallulah Bankhead, Anais Nin, Vita Sackville-West, Zelda Fitzgerald e tante, tantissime altre … sono le donne che ammiro e a cui aspiro. Le flapper, le ribelli, le scandalose, le oltraggiose, le vivaci, le indomite, che sempre sono esistite in barba all’ondata di neo-perbenismo e stitichezza delle donnicciole del Nuovo Merdoso Millennio, tutte intrise di frustrazioni, rivoltanti ipocrisie e sterili hashtag.

Nutro un’assoluta e dissoluta passione per le donne libere e scandalose del Ventesimo secolo, quelle anime ribelli e pellegrine, dotate di notevoli appetiti sessuali, mosse da dirompente grinta e sostenute da inebriante autoironia.

Donne che hanno sconvolto la morale dei benpensanti, rivoluzionato i costumi e rivendicato la propria natura indipendente in culo alle convenzioni sociali. Di esempi ce ne sarebbero moltissimi e per un’indagine più approfondita vi consiglio il bel libro Scandalose: Vite di Donne Libere (Rizzoli 2017) della giornalista/scrittrice Cristina De Stefano, che scrive di donne e alla quale si deve la prima biografia autorizzata sulla vita e sugli amori di Oriana Fallaci, intitolata Oriana. Una Donna (Rizzoli 2013). Ne scrissi già anni fa sul mio irriverente e divertente blog www.fallifelici.com

Perché io appartengo a questa razza indomita, arcaica, guizzante e danzante, arsa e sparsa di coraggio e audacia per stuzzicare, folleggiare ribelle e leggiadra, capace di concedersi una vita slanciata ardita e ardente.

Celebro l’equinozio d’autunno, la stagione divenuta la mia preferita, sulla mia isola di Stromoli. Passati caos, caldo, calca estivi, il ritmo naturale rallenta, accorcia, placa. Anche la mia anima pellegrina.

Sono nata in estate e ardo di incandescente ed esplosiva energia, capace di esaurirmi ed esaurire. Anche esaudire tanti desideri dei miei innumerevoli amanti.

Maledetta questa mia energia, che Dio la benedica annotava su un diario nel 1927 Vita Sackville-West, scrittrice libera e inquieta, impossessata dalla sua stessa energia. Amante e amata di/da Virginia Woolf, musa del suo capolavoro Orlando. Vita nel 1928 pubblicò un romanzo scandaloso e scandalistico dal titolo La Signora Scostumata, dove raccontava il suo personaggio pubblico e il tormento della sua vita privata, la sua ambiguità sociale e sessuale.

Sull’isola a maggio nella libreria di un’anziana signora francese trovai l’altro suo romanzo, Ogni Passione Spenta, che “rubai” e portai con me sull’altra isola che mi rapì il cuore e i sensi tutti: Alicudi. Il libro, non a caso dal titolo, parla della funzione del matrimonio:

Il matrimonio, e le sue conseguenze, sono le uniche cose intorno a cui le donne, in tutta la loro vita, possano fare un po’ di strepito? Magro divertimento, ma in mancanza di meglio … Il matrimonio è stato istituito affinché le donne si dimostrassero amorose e cortesi, fedeli e obbedienti al proprio sposo, nel ruolo di Ancella dell’Uomo, buone e pie matrone in tutta calma, pace e castità.

Come mai, vi domanderete, discetto di matrimonio, io vergine arcaica, femmina indomita, amante sovrasensuale e fiera troja?

Perché il 4 luglio 2021 mi sono sposata ad Alicudi.

Per chi non fosse stramazzato colpito da letale e fatale stupore, consiglio di proseguire la lettura …

Her zaman kazanabileceğini düşündüğün hayali bir dünyada yaşıyor gibisin.

Tu sembri vivere in un mondo di fantasia in cui pensi di poter sempre vincere.

(Lezione d’amore di un randagio bastardo e solitario)

Quattro mesi fa, persi la retta via infilandomi in un sentiero inerpicato sull’isola di Alicudi.

Lo chiamai il Sentiero Spavento perché vi rischiai la mia pellaccia rosa.

Finii per arrischiare altro. Il mio cuore.

Mi salvai con il coraggio e l’incoscienza che mi contraddistinguono.

Approdai esausta in una casa disabitata. O così pensai che fosse.

Non lo era.

Si aprì una porta e lo vidi per la prima volta. Alto, possente, affascinante.

Indossava un paio di jeans, una camicia bianca di lino e un cardigan beige.

Il mio ventre sussultò immediatamente.

Fu lussuria a prima vista.

Lo sa che questa è l’isola del silenzio? mi disse con quel suo fare distaccato.

Frastornata, risposi: Ma vaffanculo tu e l’isola del silenzio!

Sono una tamarra laghee, come mi avrebbe ripetuto per mesi a venire.

Fu così che ebbe inizio la mia storia d’amore e sensi con un uomo senza una virgola.

Scoprii ormai già sua preda e in preda a lui che oltre a non avere una virgola, era anche un uomo senza un cuore.

Un incontro/scontro fatto di amplessi e silenzi.

Di parole e carezze.

Di dominio e sottomissione.

Di sodomia e feticismo.

Di amore e languore.

Violentami, costringimi a godere,

fendendomi con tutta la tua forza,

e fa’ di me secondo il tuo volere,

sii il mio flagello, dammi fuoco e forza.

Poesie Erotiche di Patrizia Valduga

Io ardo di passione.

Io sull’altare della passione ho sacrificato tutto.

Se non mi illanguidisce le viscere, passo oltre.

Non conosco la quiete ma solo la tempesta dei sensi.

Io ribollo di aspro selvatico ardore uterino.

Sono una donna invasa da possenti spossanti energie, brancolante in una penombra di ricordi.

Bambina mia, è destino

Che il tuo destino passi per l’inferno.

Sono io il destino

E tutta ti squaderno

E invado le pianure del tuo corpo

E mi apro ogni apertura del tuo corpo

Lezione d’Amore di Patrizia Valduga

A lui dedicai questi dirompenti versi, che scuotono le budella come me le scuoteva e percuoteva L. con la salvifica e struggente ferocia del suo uccello.

Che mi conficcava in culo a secco.

Con disperata furia.

Mia e sua.

Nostra.
Le Conseguenze dell’Amore.
Di un amore sciroccato.

Sciddicato.

Sciamato.

Sciarriato.

Sodomizzato.

Crocifisso.

Posseduto.

Dominato.

Accarezzato.

Lisciato.

Baciato.

Abbracciato.

Donato.

Accolto.

Raccolto.

I randagi indemoniati amano e bramano con incontenibile commovente dirompente avviluppante furia e furore.
Si saziano sbranandosi le carni, i sensi, i sessi.
Facevamo all’amore come il leone e la leonessa, mordendoci, gemendoci, lacerandoci.

Sta’ ferma. Buona. Smetti di guaire

O ti strangolo, troia …

Sta’ così … Fatti aprire …

Vuoi che prenda una cinta che ti scuoia?

Lo vedi quanto poco c’entra il cazzo …

Dai, vieni, bimba, vieni che ti ammazzo.

Lezione d’Amore di Patrizia Valduga

La mia fragilità è la mia forza.
La mia forza è la mia fragilità.
Appassionata.
Irrequieta.
Errante.
Sola.

Da sempre e per sempre perché come mi ha confidato una majara strombolana: Roberta, per tenere un uomo bisogna avere una resistenza all’assoggettamento che noi non abbiamo. Sei strega. Non moglie.
Sognavo L’Avventura.
L’ironia e la malinconia di Monica Vitti. E quel grande intimo amore con e per Michelangelo Antonioni. Che per lei fece costruire il loro nido d’amore, le bini-shell commissionate all’architetto Dante Bini in Sardegna. Due cupole in cemento nella selvaggia Costa Nera, se non erro.
Sì, due. Perché loro si amavano amando i loro spazi.
Così il mio sogno d’amore.
Vicini ma lontani.
Attaccati ma separati.
Ardenti ma indipendenti.
Uno ma due.
Straziati travolti smossi da passione primordiale primitiva primigenia.
Passione o niente.
Accetto il rischio perché so vivere solo bruciando.
Tutto.
Tutti.
Ma soprattutto me stessa.
Eppure mi divertii a interpretare la “mia” Monica Vitti con lui, da
La Ragazza Con La Pistola a Ti Ho Sposato Per Allegria.

In e per allegria il 4 luglio 2021 contraemmo pagano sposalizio.

Mi chiese in sposa dopo avergli adorato, massaggiato, leccato e divorato i piedi.

Mi sono scoperta feticista dei (suoi, per ora) piedi.

Terminata la genuflessa devozione, proseguita su tutto il suo possente, benché pavido, corpo, giacqui stremata sul letto.

I nostri incontri carnali erano lunghi, larghi, intensi, riottosi, bestiali.

Quando spruzzava piacere, salmodiava frasi sconnesse in una lingua sconosciuta. Lo amavo.

Sul punto di abbandonarmi al sonno, lui comparve nudo dalla cintola in giù indossando una camicia bianca di lino, giacca blu e papillon.

Mi sposi?

La mia risposta fu un fragoroso Sì, inondato di stupite e stupide risate.

La cerimonia avrà luogo in terrazza.

Indossai una sua camicia. La strinsi in vita con il guinzaglio del suo cane.

Immancabile il bouquet che corsi a creare raccogliendo fiori di cappero, le orchidee delle Eolie, un paio di foglie di vite e spighe di grano.

Il matrimonio più romantico, unico e l’unico che avrei accettato di contrarre.

Quanta vitalità mi hai donato. Non la ricordavo più così, la vita, confessò mio marito.

Abbiamo brindato con champagne rosé comprato alla bottega di Alicudi per il mio compleanno il 2 luglio che festeggiai in bolla amorosa da Silvio, il pescatore.

Ora lo yaşıyor si è spezzato, ho divorziato saltando lo scalo di Alicudi per Stromboli, catapultata nell’amara e crudele realtà, che da sempre rifuggo rifugiandomi tra libri, sentieri, viaggi, amanti, sostanze.

Ho fatto ritorno sulla mia isola di fuoco, dopo uno iato isolano di due mesi, per trascorrerci l’autunno.

Come sempre nei miei costanti viaggi e spostamenti, a farmi compagnia sono i libri e la scrittura, le passeggiate e un domani qualche sporadico amante. Anche qualche gatto randagio. Mi piacciono i randagi, sento di appartenere a questa razza solitaria e scalcinata.

Mi accompagna e mi accompagno (al)la mia solitudine che so sostenere senza bisogno di false adulazioni.

E’ nel dolore che riscopro la mia intima audace e tenace forza.

Quando finisce uno dei miei amour fou amuri, come dicono in eoliano, titolo di un libro dozzinale e scadente, ahimè letto per lenire la nostalgia isolana – riservo sempre al malcapitato di turno un sezionamento feroce e di solito anche un rogo di qualche suo indumento lasciato indietro o accaparrato.

E’ il mio rituale “majarico”, da majara altro termine locale che indica le streghe dei “cunti” eoliani.

Chi di spada ferisce, di penna perisce il mio mantra, quando perdo una battaglia amorosa. Giammai la guerra.

La guerriera depone le armi.

Non dopo aver inferto un ultimo colpo con la sua arma più potente: la parola.

Stanca di sciarra, ferita ma viva, raccolgo le forze e guardo avanti.
Lascio naufragare furia e furori.
Placo dolore e languore.
Ancora una volta, è stato Iddu, il possente vulcano, il mio oracolo pagano, a sedare la mia magmatica furia “erinnica”.

Ascesi all’alba in solitaria fino a 300 metri in devota e silenziosa contemplazione del vulcano.

Dalla Sciara del Fuoco, la nera vallata dove ricadono massi, lapilli, lava sputati dalle bocche traboccanti fuoco, scrutai lo scoglio remoto della piccola isola, Alicudi, dove amai e fui amata.

Tanto e intensamente bene.
La stagione dell’amore viene e va, cantava il maestro Franco Battiato.

Fu così che la montagna portò consiglio e placò la delusione e la rabbia di un amore incompiuto finito (troppo) presto, in maniera (troppo) brutale.

Chi ha scelto di vivere ogni passione fino all’ultimo respiro – trascende ogni mio controllo ripeteva a mo’ di mantra il cinico seduttore, il Visconte di Valmont, nel romanzo Le Relazioni Pericolose – sa intimamente che alle vette dell’estasi seguono gli abissi del tormento.

Opposti assoluti.

Contrasti estremi.

Nessuna sfumatura.

Nessuna via di mezzo.
Questo fa di me una donna fuori classe

Non certo una donnina di classe, noiosa e boriosa fino alla morte. Ma del resto alla maggior parte dei pavidi omuncoli piace la gatta morta.

Dunque anche lei è di quelli che spasimano per la donna moderna, una di quelle misere donnicciole isteriche, che in una sorta di sonnambulismo vagheggiano irrequiete un loro ideale d’uomo e poi non sanno apprezzare il migliore degli uomini … Non sono mai felici, non sanno mai rendere felice un uomo, e se la prendono con il destino, invece di confessare tranquillamente:

io voglio amare e vivere come hanno vissuto Elena e Aspasia.

Venere in Pelliccia di Leopold Sacher Masoch

La topa vivace balla danze dionisiache da sola.
E lui,
un uomo senza una virgola come scrisse su uno specchio vergandolo con il mio rossetto Chanel quando venne a trovarmi a Stromboli, un amore unico. Indelebile. Indemoniato.

Che mi lascia una cicatrice profonda nel cuore, quasi come i solchi dei tagli che mi infliggevo con i coltelli e i vetri quando ero “giovane e sballata,” quando il dolore era così assordante che potevo zittirlo solo tagliandomi la pelle, incidendomi la carne.

Il mio demone si placava con il sangue.

Ora il demone lo nutro a scrittura.

Qualcosa dovrà pur divorare …


Io ho questo coraggio, i miei principi sono assolutamente pagani, io voglio vivere la mia vita sino in fondo. No, io non rinuncio a nulla, io amo ogni uomo che mi piace e rendo felice, ogni uomo che mi ama…
Io ho del genio per il dispotismo…
Non conosco altro amore di quello che rende felici. Cerco il piacere, non voglio negare le ragioni del cuore e neppure quelle dei sensi.
Io non sono buona. Non mi lascio assoggettare, e non permetto che mi si renda amara la vita, neppure per un’ora sola. Finché l’amerò, sarò sua, anche senza la benedizione del sacerdote, ma quando cesserò di amarla non avrò pietà di lei, né come amante, né come sposa.
Se si vuol legare a sé un uomo per sempre, per prima cosa non gli si deve rimanere fedele.
Nell’infedeltà di una donna amata v’è un fascino doloroso, la voluttà più alta.

Wanda Dunajew in Venere in Pelliccia di Leopold Sacher-Masoch (1870), la mia bibbia amorosa e lussuriosa. Infatti nei voti matrimoniali non fu pronunciata la formula “fedele sempre”.

Sì a me stessa e alla mia natura focosa, ardente ed erotica. Del resto, sposasti una Bottanissima, come da meraviglioso quadretto dell’amico Roberto, nome d’arte Contessa Schifanoja di Alicudi, che tanto bramavo avere. Nemmeno me lo regalò. Che uomo arido e avaro, il maritino.

Come disse la bellissima e sfrenata Tallulah Bankhead, Regina di Broadway negli anni a cavallo tra le due guerre mondiali: La promiscuità implica che l’attrazione non è necessaria.

Lei, al pari mio, si concesse ogni vizio: sesso, alcol, droga, fumo. In amore non faceva distinzione tra uomini e donne e collezionava amanti grazie a una vita sessuale irrefrenabile Aveva anche il vizio di dire sempre la verità, le piaceva ridere, anche di se stessa.

Una sera in attesa dell’arrivo degli ospiti per un party, iniziò a fare un elenco dei suoi amanti ma al numero centottantacinque (and counting …) il suono del campanello la interruppe. Tutti volevano conoscerla, ascoltare le sue battute, assistere ai suoi spogliarelli, che prima o poi animavano la serata (sento una comunione di lussuriosi sensi con Tallulah).

Coraggiosa e dissoluta fino alla fine, morì nel 1968. Le sue ultime parole furono: “Codeina, bourbon.”

Io cerco il piacere perché non credo nella felicità.

Post Scriptum: Se pensate che questo scritto sia vendicativo è solo perché non avete letto l’altro che ho riposto nel cassetto dei ricordi. Per una briciola di rispetto che sento di volergli tributare.

Mio marito, anzi il mio ex marito – quanti soldi risparmiati in avvocati! – aveva ragione quando mi ripeteva costantemente: Non sei una donna di classe, sei una tracagnotta, sei una tamarra, sei volgare … Bell’ironia del cazzo!

Bravo, amore mio, l’avevi già capito: io sono e sarò sempre una PUNK.

Una SEX-PISTOL(a).

Stonata e sciarriata, come le mie isole: Alicudi e Stromboli.

 

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