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Teresa Ciabatti. Donnaregina

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C’è poco da fare, Napoli e le sue storie devono essere raccontate dagli altri, dai limitrofi, i forestieri, meglio se stranieri: Napoli ti schiaccia con il peso delle sue radici; sotto la tastiera si gonfia come un areostato, come l’airbag dopo un urto in tangenziale. Si lascia lusingare dallo sciovinismo dei cantori pallosi, i piagnoni dell’abbandono e delle paranze. La parte de Il tempo è un bastardo che Jennifer Egan ha ambientato tra i palazzi dei decumani la trovo più interessante dei libri geniali della Ferrante o dei gialli tra le tazze del Gambrinus. Malaparte e Ortese hanno fatto meglio di La Capria e di Erri De Luca. Il nuovo romanzo di Teresa Ciabatti, Donnaregina – Mondadori editore – tra biografia e intervista, esplora una figura controversa della criminalità napoletana: quel Peppe Misso, detto ‘o Nasone, che del repertorio della delinquenza organizzata, tra omicidi, rapine e via discorrendo (finì in carcere la prima volta a 14 anni) non si è fatto mancare nulla. Di sé Misso dice di non essere un pentito di camorra ma un “chiarificatore”, anche perché “La cultura del pentitismo, la delazione, non ricostruiscono la persona, la degradano alla nullità”. 

Che Teresa Ciabatti sapesse scrivere lo sapevo già, ma di questo libro mi è piaciuto soprattutto lo sguardo laico, neutrale sulla parabola del boss. Ciabatti non giudica, e non cade nella retorica del destino segnato. Il ritratto che di Misso ne è venuto fuori è lontano da ogni stereotipo o forzatura. Napoli si racconta da sé, devi solo tenerla sui binari. L’operazione di Teresa Ciabatti va in questa direzione.

Angelo Cennamo

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