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Antonello Saiz racconta “La perlina sul fondo” di Bohumil Hrabal e “Mercedes-Benz” di Paweł Huelle

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«Ho inchiodato rotaie, fatto il capostazione, offerto polizze assicurative, ho lavorato come commesso viaggiatore, operaio di acciaieria, imballatore di carta da macero e macchinista teatrale. Quello che volevo era sporcarmi con l’ambiente, con la gente comune, e trovarmi a vivere, ogni tanto, l’esperienza sconvolgente di scorgere la perla sul fondo dell’essere umano.»

La perlina sul fondo di Bohumil Hrabal, Miraggi Edizioni

L’attesa prima opera del grande scrittore ceco Bohumil Hrabal è arrivata nelle nostre librerie. Il libro è uscito da pochissimi giorni, con una splendida traduzione di Laura Angeloni, grazie a Miraggi edizioni e alla Collana NováVlna curata da Alessandro De Vito. Finalmente tradotto in italiano, e a cura e con una postfazione di Alessandro Catalano, è il libro d’esordio di Bohumil Hrabal, uno dei più grandi scrittori del Novecento.

L’opera di Bohumil Hrabal è stata tradotta parecchio in Italia in questi anni, mancava all’appello proprio questo libro di racconti che ha segnato il suo esordio in letteratura a quarantanove anni. Nato nel 1914 a Brno-Židenice, vede i suoi studi in legge bloccati nel 1939 a causa dell’invasione della Cecoslovacchia da parte della Germania nazista. Per mantenersi svolse svariati mestieri: fu magazziniere presso una cooperativa di consumo, addetto alla preparazione del malto in una fabbrica di birra, copista presso lo studio di un notaio, prima manovratore e poi capostazione ferroviario, telegrafista, agente assicurativo della “Sostegno della Vecchiaia”, commesso viaggiatore di giocattoli, operaio metalmeccanico, imballatore di carta da macero ottenuta dai libri censurati dal regime comunista, macchinista e in seguito comparsa in un teatro, cameriere. Iniziò a pubblicare poesie di tipo surrealiste e avanguardiste negli anni trenta, ma senza successo e così la sua vena artistica si indirizzò verso la narrativa, sempre secondo toni non-intellettuali ma autobiografici e continuamente legati alla sua formazione attraverso i mestieri. Dal 1963 poté dedicarsi più tranquillamente alla scrittura, tuttavia la fine della Primavera di Praga, dopo il 1968, portò alla censura totale delle sue opere da parte del regime. I suoi romanzi circolavano tramite i canali clandestini e con la sua ironia insegnò come resistere all’orrore staliniano anche attraverso un boccale di birra e una risata. La diffusione dei suoi libri però fu tale da renderlo un maestro riconosciuto e con una crescente fama anche fuori dai confini della Cecoslovacchia. Tra i titoli più conosciuti sicuramente Lezioni di ballo per adulti e poi Treni strettamente sorvegliati, ma anche Inserzione per una casa in cui non voglio più abitare e Bocciòli e La tonsura e Una solitudine troppo rumorosa, e poi soprattutto Ho servito il re d’Inghilterra, forse il suo capolavoro. Morì il 3 febbraio 1997, durante un ricovero per una lieve malattia nell’ospedale Bulovka di Praga, cadendo da una finestra al quinto piano. Secondo la versione fornita dai sanitari, si era sporto troppo per nutrire alcuni colombi, mentre secondo un’altra versione Hrabal avrebbe deciso di suicidarsi. Nel 1995 aveva ricevuto il Premio Grinzane Cavour. Il regista Jirí Menzel ha tratto diversi film da romanzi e soggetti di Hrabal, tra cui Treni strettamente sorvegliati, vincitore dell’Oscar al miglior film in lingua straniera.

Con la pubblicazione di questa prima raccolta di racconti di Hrabal, nel 1963, il linguaggio della gente comune e le tante novità linguistiche fanno ingresso, in maniera potente, nella letteratura ceca. Sono le voci degli operai delle acciaierie e di tutti gli altri lavoratori che aveva conosciuto nel suo percorso di vita a prendere forma tra i personaggi di questi racconti. C’è già tutto il mondo di Hrabal che abbiamo imparato a conoscere nei suoi libri precedenti; quel mondo fatto di gente ordinaria e i personaggi, marginali e sbruffoni, sono estremamente sinceri come i bassifondi da cui provengono. Ma è in questi luoghi e in queste persone che, però, è più facile scorgere ciò che si annida sul fondo, quella forma di vera essenza umana, la famosa perlina. Nella descrizione anti-eroica, piena di grottesco, di questi portatori di perle, con le loro vicende quotidiane minime, sempre destinate a sfiorare il paradosso, Hrabal raggiunge livelli di surreale alogicità. L’ambientazione popolare e popolaresca di questi racconti è un mondo più simile a quello di Hašek che non a Kafka o ad altri autori più intellettuali. Racconti stravaganti e burleschi, con lo sguardo ironico e attento dell’autore, sempre presente, e capace di rendere il chiacchiericcio del mondo popolaresco alta letteratura. In ogni singolo racconto c’è Hrabal pronto a cogliere ogni sfumatura e a soffermarsi, anche con tenerezza, su quel popolo di operai e fuori margine. Racconti che si leggono come un flusso continuo di invenzioni e di “parlato” e in cui lui ti porta là, tra le strade di Praga e le botteghe, tra le sue amate taverne e osterie, tra i teatri abbandonati e polverosi. Hrabal usa in modo estremamente creativo ed espressivo un linguaggio concreto in cui si sente il rumore della fabbrica e delle fumose chiacchiere da birreria, gli slang, la terminologia presa di peso da ambiti tecnici. Il linguaggio parlato amalgama tutto in modo da creare una spontaneità credibilissima e insieme estremamente studiata, che rende tutto semplice come la realtà, ovvero di una complessità effettiva e irriducibile che reinventa la tradizione, come accade solo nei grandi della letteratura.

La sua apparente facilità di lettura rivela a una attenta analisi una estrema complessità combinatoria, con una estrema attenzione per la varietà linguistica. Hrabal insiste a dire che non si tratta di racconti metaforici, morali: in realtà il racconto è come un riflettore sotto la cui luce entrano i personaggi, che ci possono parlare e di cui possiamo conoscere quasi tutto da pochi gesti e alcuni scampoli di conversazione, e poi escono di scena. In modo che sia poi ogni singolo lettore, come gli pare, a scoprire, al fondo di sé, le sue perline.

A proposito di Bohumil Hrabal ai Diari di Parma è presente anche un libro ormai fuori catalogo, quel delizioso volume edito da Voland e dal titolo Mercedes-Benz. Da alcune lettere a Hrabal di Paweł Huelle nella traduzione di Raffaella Belletti. Mercedes-Benz, come avverte il sottotitolo, è un grande atto di amore proprio nei confronti dello scrittore ceco, che l’autore considera il più grande e innovativo scrittore del Novecento. Ed è proprio dal primo racconto presente in questa raccolta, che finalmente Miraggi ha portato in Italia, che Huelle trae spunto per l’idea centrale del libro. Il racconto in questione nella raccolta di Miraggi ha come titolo Corso serale. Corso serale di Hrabal è una gustosa descrizione di una lezione di guida motociclistica per le vie di Praga durante la quale il protagonista, Hrabal stesso, racconta al suo istruttore esilaranti episodi legati alla sfrenata passione del padre per le motociclette.

Un romanzo originalissimo, questo di Huelle, che prende i passi dal racconto di Hrabal e in cui si raccontano le lezioni di guida che il protagonista prende a bordo di una scalcinata fiat da un’istruttrice energica e dolce al tempo stesso, la graziosa signorina Ciwle. Siamo a Danzica e il protagonista è imbarazzato e piuttosto imbranato nella guida, e per stemperare la tensione e distrarre l’insegnante comincia a raccontarle innumerevoli storie riguardanti le vicissitudini di vari membri della sua famiglia, in particolare i nonni, alle prese con le automobili. Episodi divertentissimi: il clamoroso incidente della nonna Marie che negli anni venti, a bordo di una Citroën, va a sbattere niente meno che contro una locomotiva, provocando grande scalpore perfino sulla stampa estera e meritandosi un’auto in omaggio dalla fabbrica francese; il tuffo nel fiume del nonno Karol con la nuova Citroën (distrutta quella, sarà costretto a comprare una nuova auto, appunto la Mercedes del titolo, mitica macchina che passerà poi al padre dell’autore); la sua invenzione della caccia alle mongolfiere a bordo di auto. La signorina Ciwle è incantata dalle storie del suo allievo e gli chiede in continuazione di raccontargliene altre. È instancabile nell’ascoltarle. Il protagonista ne subisce il fascino, e l’interesse nei suoi confronti cresce ancora di più quando scopre che è anche lei una appassionata lettrice di Hrabal. Le ore di lezione diventano occasione di vivaci chiacchierate tra i due, che entrano piuttosto in confidenza. Il romanzo si conclude con il racconto struggente della morte di Hrabal. È questa, secondo Huelle, a segnare davvero la fine di un’epoca, e non altri avvenimenti come la rivoluzione di velluto o la caduta del muro di Berlino. I libri di Hrabal, infatti, hanno aiutato tanta gente ad affrontare anni duri, cupi, gli anni della violenza politica e dell’ottusità burocratica con una buona dose di ironia.

Cercatelo e leggetelo questo libro di racconti prezioso che la casa editrice Miraggi ha regalato a tutti noi lettori con la grande cura che riserva a ogni suo libro. Cercatelo e leggetelo questo libro perché ognuno di noi ha la sua perla in fondo a sé stesso, basta saperla scorgere e farla risplendere!

Antonello Saiz

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