In questi giorni difficili di “tregua” la scrittura di Anna Foa è un dono, un controcanto, a volte doloroso, di una donna che ci aiuta a cercare quella onestà intellettuale che ci permetta di oltrepassare il confine, la separazione, attraversare la terra della discordia per raggiungere, camminando lentamente, la speranza di un tempo di pace.
Il suicidio di Israele uscito a ottobre del 2024 con Editori Laterza è qualcosa di diverso e qualcosa di più di un saggio, è, come dice la stessa Anna Foa nella premessa, “le riflessioni di un’ebrea della diaspora di fronte a quanto sta succedendo in Israele e in Palestina. Esse nascono dal dolore per l’eccidio del 7 ottobre e per quello per i morti e le distruzioni della guerra di Gaza”. Da subito Anna Foa mette in rilievo due nazioni: Israele e Palestina e con grande determinazione, assumendosi il peso delle parole, ci offre la sua personale visione non solo come storica, ma anche come donna ebrea, di quello che non si può chiamare solo un conflitto, ma è soprattutto la storia di due popoli che hanno il diritto di poter vivere in pace.
Anna Foa è stata docente di Storia, alla Sapienza di Roma e in particolare di Storia dell’Ebraismo. E’ una voce potente la sua che si è assunta il diritto di parlare e che noi abbiamo il dovere di ascoltare in questa confusione di discorsi e di azioni dettati più dall’odio che dalla assunzione di responsabilità.
Ed è proprio una “assunzione di responsabilità” che la Foa chiede al governo israeliano. Dalla sua scrittura emerge quanto il pericolo che corre il governo di Israele sia il suicidio di una nazione: un suicidio territoriale, fisico perché i territori non vanno distrutti, ma vanno anzi ricostruiti attraverso la ricerca del dialogo tra due popoli che hanno coltivato quella terra amandola; dall’altra un suicidio politico perché Israele con determinate scelte governative militari quasi “teocratiche” si sta isolando sempre di più dal resto del mondo. La politica israeliana sta, per paradosso, fomentando l’avanzata di un nuovo antisemitismo.
E anche e non ultimo un suicidio morale, perché “molte sono state le voci che si sono fatte sentire per una pacifica convivenza … pensatori e politici che aprivano ad un futuro diverso Martin Buber, Achad Ha’am, Yeshayahu Leibowitz, (denominato la coscienza di Israele) lo stesso Rabin, gli scrittori come A. B. Yehoshua, Amos Oz, David Grossman e tanti altri: eretici forse a giudicare dai giudizi di chi oggi li denigra o dal silenzio che ne seppellisce i più antichi, certamente in questo momento sconfitti”.
Un saggio scomodo e proprio perché scomodo potente che si sofferma sul carattere antropologico del conflitto, indagando sul rapporto tra sionismo e colonialismo, quasi che la matrice europea del sionismo nata da altre logiche e da altre ragioni di esistere sia stata deviata a tal punto da ingenerare sia da parte degli israeliani che degli arabi l’ipotesi di una superiorità culturale e civile del popolo israeliano su quello palestinese. Un pregiudizio che deve essere superato, ciò non di meno dalla scrittura di Anna Foa emerge, altrettanto doloroso assunto la consapevolezza di quanto sia difficile credere che un tale superamento possa poi generare una sola terra in cui i due popoli possano convivere pacificamente.
Infine un tema importantissimo che ci riporta alla attualità e alla discussione sociale e politica che si sta delineando all’orizzonte. Anna Foa sostiene che le parole “antisemitismo” e “antisionismo” stanno convergendo pericolosamente nel pensiero comune. Come suggerisce la Foa forse il punto fondamentale è comprendere cosa sia stato “il movimento sionista”, infatti, se da una parte oggi è normale considerare il sionismo convergente con la politica del governo di Israele, dall’altra il sionismo nasceva dalla esigenza di avere uno Stato, una terra appunto da coltivare, una terra da vivere in condivisione e questo lo poteva solo attuare una politica di integrazione, una politica che negasse il distanziamento e creasse un ponte di convivenza. Ma se la soluzione di un unico Stato idealmente sostenuta dal sionismo, oggi appare impossibile, va ricercata e affrontata l’altra soluzione quella di due popoli, due nazioni. Solo attraverso un radicale cambiamento di politiche, sia di Hamas che di Israele e sia di una politica internazionale lungimirante si può intraprendere questo cambiamento, perché ogni nazione sia confine dell’altra.
Maria Caterina Prezioso
#
Il suicidio di Israele/Anna Foa/Editori Laterza/pp.94/15,00 €