Tip-tap, la danza con le scarpe che fanno baccano sul parquet. Scarpe che Ilaria Suss – ballerina, coreografa e insegnante – fa suonare con passione travolgente, la stessa che porta e trasmette nell’insegnamento.
La incontro al Café Popolare a Milano prima dell’isolamento (e dopo le farò qualche domanda al telefono) per parlare di questa danza che ha la particolarità di innamorare, come per incanto, chi mette le sue scarpe. Ilaria Suss, caschetto rosso, occhi grandi ed espressivi e l’energia della sua voce, che nelle lezioni accompagna con brio il battere delle claquettes.
Mercedes Viola
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Di seguito l’intervista a Ilaria Suss
Da quando balli?
Ho iniziato a ballare a sette anni; nonostante la mia carriera artistica non si sia sviluppata su quel percorso, sono contenta di aver iniziato con la danza classica perché trovo dia una formazione essenziale per un ballerino completo. Andavo a danza tutti i pomeriggi, sempre con un amore folle. A diciannove anni ho frequentato l’Accademia di musical MTS e proprio nel mondo del musical ho affermato, con passione, la mia carriera professionale.
Come sei arrivata al tap?
Il primo contatto con il tap è stato in accademia dove ho avuto la fortuna di essere allieva di Gillian Bruce che mi ha fatto innamorare di quel tap che fino ad allora avevo solo visto nei film che guardavo da bambina con mia madre, in cui mostri come Shirley Temple, Fred Astaire, Ginger Rogers mi affascinavano senza capirne realmente il perché. La pratica ha trasformato il fascino in pervasiva passione. Sento profondamente che il tap è l’arte che mi esprime al meglio perché ha una componente ritmica che dai piedi mi entra nello stomaco, un legame ancestrale con un ritmo che sento molto profondo quando mi esprimo ballando. Da allora non ho mai smesso di ballare, studiare e amare il tap.
C’è uno stile che preferisci?
Sono una ballerina e quello che mi piace di più è la danza e nello specifico la tap dance. Ma se la tua domanda richiama a quella classica distinzione tra spettacoli di tap più o meno coreografati, il tap per me è uno. Quello che può cambiare sono gli spazi, le esigenze della performance, il contesto. Venendo io dal mondo del musical ed essendo anche coreografa, mi viene spontaneo risponderti che è nella contaminazione e nell’integrazione che si sviluppa l’arte, ed è quindi proprio nella fusione tra il ritmo e movimento coordinato che riconosco l’espressione del tap che trovo più congeniale al mio gusto.
Cosa pensi della crescita dei musical negli ultimi anni in Italia?
La commedia musicale nasce con Garinei e Giovannini a metà del novecento; la Compagnia della Rancia, fondata nel 1983, è la prima compagnia italiana specializzata nella produzione di musical, quindi in un certo senso hai ragione a sostenere che il musical in Italia è cresciuto negli ultimi anni, mentre altre forme di spettacolo possono essere considerate più tradizionali per il teatro italiano. Ciò non toglie che la formazione del performer di musical richieda una formazione ugualmente seria e variegata: dal canto, alla recitazione, alla danza. Se anche solo uno di questi fosse carente, mancherebbe un tassello e il risultato sarebbe zoppo. È forse anche per questo che il pubblico apprezza sempre più questa forma espressiva. Sicuramente il musical è cresciuto e potrà crescere ancora; una riprova ne è il dinamismo tanto delle produzioni e delle accademie professionali, quanto la passione del mondo amatoriale.
Ti piace insegnare o si fa per sopravvivenza?
Non cambierei il mio lavoro per niente al mondo. Amo vedere crescere gli allievi e vedere i loro successi; se riesco a passare loro la passione ho già vinto, altro che sopravvivenza! Mi piace tutto del mio lavoro: stare sul palco è appagante, insegnare è gratificante. Certo, quando vuoi fare della tua passione il tuo mezzo di sostentamento devi anche fare quadrare i conti, ma ritengo che perseveranza, dedizione e quel pizzico di fortuna che non guasta mai siano la perfetta formula per vivere, non per sopravvivere. Oggi insegno in due accademie, STM di Novara da cinque anni e MAS di Milano da due; ho insegnato per otto anni all’MTS di Milano e da vent’anni in corsi open e amatoriali. Ho nel cuore ciascun allievo e ciascuna scuola, professionale o amatoriale che sia, perché la passione non conosce limiti né schieramenti.
Qualcuno che ammiri particolarmente?
Se proprio devo fare un nome, Gregory Hines. Un mostro: un ballerino di tap stratosferico, attore e cantante; su di me ha uno charme senza uguali. Un aneddoto: a un Tap Talk del Tap Festival di Barcellona, Nemr ricordava che Hines in un suo spettacolo chiese chi avesse le scarpe da tap in platea, per poi invitarli sul palco ad improvvisare con lui. Non è affascinante? Ha fatto parte della storia del tap, ha ballato con Baryšnikov e con i più grandi. Uno dei suoi film che preferisco è Tap – Sulle strade di Broadway, trovo fantastica la scena in cui si sfidano a suon di tap lui, Sammy Davis Jr., Jimmy Slyde, Howard Sims, Steve Condos e altri. Ma quanto si divertono?
Il divertimento fa sempre la differenza.
Sì, il divertimento fa la differenza: in ogni professione ci sono difficoltà, in ogni settore rivalità. Il divertimento è quella ventata di aria fresca che permette di tenere vive le passioni nonostante tutto. Sono tante le occasioni in cui puoi assaporare la differenza che fa il divertimento: basta partecipare a uno dei tanti festival che si tengono periodicamente nel mondo, basta incontrare quell’artista tanto appassionato da coinvolgerti o da condividere con te un po’ della sua passione. Nel divertimento c’è quella caratteristica genuinità che hanno i bambini quando giocano, pensavo a questo una sera al Blue Note: Anthony Strong al piano accompagnato da un contrabasso, una chitarra e una batteria. Erano talmente affiatati e naturali che sembravano giocare tra di loro. Come nella musica, come quando i musicisti appaiono iniziare a giocare tra di loro, che bello quando anche il tap assomiglia a un gioco!
Chi sono I TIPi del TAP?
I TIPi del TAP sono un sodalizio professionale e artistico che riunisce numerosi professionisti al fine, ancora una volta, di diffondere la passione per il tip-tap. Con il nostro attuale spettacolo Tap Evolution giochiamo con la storia del tap e ci spingiamo in fusioni stilistiche che realizzano una coinvolgente esperienza per lo spettatore al fine di mostrare come questo stile calzi in generi musicali che alcuni potrebbero non aspettarsi. Molti artisti oggi tanto si impegnano per far conoscere, diffondere e apprezzare questa disciplina al pubblico, talvolta assuefatto a spettacoli di tipo più generalista, questa è la nostra parte.
Differenze tra il tap e l’irish dance?
L’irish dance è sicuramente parte della storia della tap dance, non in senso di discendenza diretta, ma di mimesi stilistica e culturale: l’irish ha ovviamente radici nel folklore irlandese, il tap nasce negli USA dalla fusione tra quanto apportato dagli immigrati irlandesi e quelli africani in un’evoluzione tanto complessa che meriterebbe ben più di una breve risposta durante un’intervista. In estrema semplificazione diverse sono le tecniche, le scarpe, le musiche, diverse le coreografie. Come piccolo riconoscimento a questa discendenza abbiamo incluso in Tap Evolution un tributo all’irish dance, che ne evoca le sonorità e le dinamiche.
Come vivi la danza in isolamento?
Il mio compagno spesso richiama la mia attenzione al fatto che i miei piedi non stanno mai fermi, quindi in un certo senso la danza non mi lascia mai, nemmeno in isolamento. D’altro canto il tap produce sonorità che non sono compatibili con l’ambiente condominiale in cui vivo: per rispetto dei vicini non posso certo indossare le scarpe con le claquettes in casa e mettermi a ballare in camera. In questo momento così particolare, l’idea che riesce a sostenermi di più è che storicamente le arti sono sopravvissute a delle catastrofi ben più massicce. Mi dà forza ricordare che, anche attraverso difficolta e trasformazioni, l’arte è stata sempre uno degli strumenti attraverso cui le persone hanno sostenuto la propria emotività e attraverso cui hanno ricercato una via per liberarsi dalle esperienze traumatizzanti del momento. Sono fiduciosa anche perché, nonostante la temporanea impossibilità di praticare sul palco, c’è una grandissima voglia di collaborazioni: tanti sono i contatti con i colleghi – ballerini, musicisti, registi, produttori – con cui si stanno pianificando idee per il futuro. Creatività e impegno non sono venuti meno, sfruttiamo il tempo per realizzare al meglio appena si potrà.
Intervista a cura di Mercedes Viola
Ilaria Suss – Photo credits: Marco Rigamonti
I TIPi del TAP – Photo credits: Giulia Marangoni