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Carla Tolomeo Vigorelli su “Storia di Uliviero” di Milagros Branca

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Ogni vero romanzo è un fiume; un grande fiume di parole che trascinano emozioni, passioni scorrendo attraverso paesaggi, situazioni, storie, accettando la confluenza di mille affluenti che sono altrettante vite, amori, città, il tutto acquista forza sempre maggiore e coinvolge, sconvolge determina la fortuna, il valore dello scritto. Ma sono pochi, pochissimi i veri romanzi perché la scrittura è fatica, concentrazione, documentazione, ore e ore al tavolino e tanta ansia di non riuscire a esprimere il gran subbuglio interiore che ha generato l’esigenza di scrivere, di buttare giù quella maledetta storia che sembra avere una vita autonoma, che si sovrappone ai tuoi intendimenti e ti costringere a seguire la sua logica segreta.

Vanno di moda piccole storie semi-intime che dipanano il nulla, che non smuovono le nostre acque profonde, che si dimenticano velocemente perché sono nate per un consumo spicciolo, per esigenze editoriali, perché si devono editare titoli su titoli, che ti lasciano la bocca asciutta e tanta nostalgia per il grande romanzo.

La vicenda del bambino trovato nell’incavo di un ulivo centenario è l’incipit geniale di questa Storia di Uliviero, con tutte le premesse di sedurre il lettore e condurlo di pagina in pagina, senza mai abbassare la tensione del racconto, nelle vite dei personaggi inconsapevolmente legate dalle misteriose trame del destino.

Il paesaggio rurale di una Puglia ancora arcaica ci introduce alla vicenda del ragazzo, cresciuto brado, seguito da un buon precettore che gli sarà vicino per tutta la vita. Il padre, barone, è incapace di essere veramente presente, se non per imporre le algide regole di una baronìa che non ha più motivi di sussistere. Ma le regole resistono anche al tempo, alla ragione e determinano il dramma nell’idillio spontaneo, freschissimo sbocciato tra la ragazzina, figlia del mezzadro, e Baldovino, figlio del barone. Il loro amore è travolgente, e travolge veramente Nennella quando si accorge di essere incinta. Nasconde il suo stato a Baldovino, finge di allontanarsi da lui, e quando il bimbo nasce non avrebbe altra alternativa che l’esposizione alla ruota. Ma tenta di trattenere vicino quanto più è possibile quella creatura, la nasconde nel cavo dell’ulivo sicura di poterla ritrovare ogni ora, ogni giorno. Da qui prende avvio il romanzo, dal destino che è l’unico regista delle nostre vite; non posso raccontare tutta la genialissima trama che si dipana tra Puglia, California per poi toccare Venezia, Roma, New York, città che sono le quinte per la trama e i personaggi, posso soltanto accennare a quanta attenzione Milagros abbia dedicato ai tempi e ai luoghi descritti.

La vicenda prende avvio nel 1927 ma il suo fulcro è a cavallo degli anni 50, indimenticabili e irripetibili, quando Italia e America generavano e ospitavano tante e diverse creature geniali, lì convenute da tutto il mondo, uomini e donne appena usciti dall’incubo della guerra che volevano e sapevano dare una svolta creativa, estetica, intelligente. Qui il grande fiume di questo racconto tocca anche le mie sponde: la Roma dove Nennella e Baldovino finalmente riuniti vivono la parte serena della loro vicenda è la città del cinema, dell’arte, del giornalismo, della letteratura. Mio marito da Milano si era spostato a Roma su invito di Rossellini, dirigeva la settimana INCOM, scriveva per Luchino Visconti la traccia per La terra trema, grande amico di Irene Brin recensiva sul Momento, di cui era direttore, la prima mostra di Burri, si scontrava con Palma Bucarelli, moglie dell’amico Paolo Monelli ma legata a Carlo Giulio Argan. Per me erano racconti conviviali, con amici che ricordavano gli anni passati quando Roma era magica, ma  Milagros, fedele al suo nome, riesce a far rivivere le atmosfere, gli eventi, i personaggi, i principi e principesse, gli artisti, i mondani, gli scrittori come se lei si muovesse in mezzo al gruppo e partecipasse ai dialoghi, alle aspettative, alle serate, alle prime, ai vernissage. Era una città mondana che però privilegiava il buon gusto e l’intelligenza, al punto di essere esempio al mondo, non certo la città dei “coatti”, dei politicanti, di Roma Capitale per cui passa quotidianamente alle cronache. Consuelo Crespi, Mimì Pecci Blunt erano apparizioni, icone di stile, Alberto Moravia e Laura Morante litigavano al caffè Greco mentre Vincenzino Talarico trovava per tutti un soprannome indimenticabile. Cardarelli diventava “il brutto addormentato nel Basco”, la Bucarelli “Palma” e il vecchio Moravia “l’amaro Gambarotta”. Era una Roma leggera, così come la Venezia di Mark e Uliviero. Ma Venezia ha retto meglio all’urto dei tempi, non ci sono più la Marchesa Casati né Peggy ma i canali e le isole hanno difeso bene il fascino della città e, turisti a parte, per le calli e i campielli il tempo si è fermato, ed è quello magico, di improvvisazioni creative, di incontri che determinano svolte nella vita descritto da Milagros.

Che forse ha avuto mille vite.

Che sicuramente è cittadina del mondo perché le appartiene New York ma al tempo stesso ci porta in California, nei frutteti e nei grand hotel, nei party, tra i personaggi che hanno inventato l’America del dopoguerra.

La sua New York era il villaggio in cui nasceva l’arte contemporanea, dei geniali galleristi che sapevano individuare la diversità, la novità nelle mille proposte che la grande mela sfornava; io ho potuto vivere la coda di quel periodo, ma era Andy Warhol a dare il “la” culturale, ed era una bella differenza. In mezzo a questa miriade di riferimenti storici di grande precisione, all’elencazione dei personaggi, dei miti, dei luoghi, Milagros riesce a far scorrere le vicende parallele che, apparentemente, descrivono vite diverse, lontane, ma che poco a poco, con l’estro di una grande scrittura, riesce a far coincidere una logica comune che svela il mistero e riunisce, pur attraverso una perdita dolorosa, quel che il destino aveva voluto separare.

Difficile chiudere il libro e allontanarsi da quel groviglio di vite, difficile tornare alla nostra realtà avendo nel cuore gli sterminati ulivi di una terra felice.

24 giugno 2020

Carla Tolomeo Vigorelli

 

Recensione al libro Storia di Uliviero di Milagros Branca, Baldini+Castoldi, 2020, pagg. 400, euro 18.

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