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Antonello Saiz racconta “Grande Karma. Vite di Carlo Coccioli” di Alessandro Raveggi

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“Guido indolente da un’ora sull’autostrada in direzione città di Querétaro: sto aspettando di vedere un cane morto sulla carreggiata. Se avrà fortuna, lo scanserò. Altrimenti, in qualche modo, l’interrogherò. Il sole taglia il paesaggio in due copie esatte, una fatta di cielo brumoso, e l’altra di asfalto misto a polvere. Mi aspetto di vedere una carcassa di cane a ogni ciglio di strada, ma questo non definisce il mio stato come euforico, né come introspettivo. Seguo freddamente la pista dei cani, che è una pista smaccata tra gli indizi che mi ha lasciato Carlo”.
Grande Karma. Vite di Carlo Coccioli
di Alessandro Raveggi, Bompiani

Inizia con un doppio incipit l’appassionante docu-romanzo che lo scrittore fiorentino Alessandro Raveggi ha dato alle stampe per Bompiani nella Collana Narratori Italiani. Quello riportato sopra è uno dei due incipit ed è all’interno del primo capitolo dal titolo “La pista dei cani”, che fa seguito a una lettera del protagonista, Enrico Capponi, alla fidanzata Dina. Invischiato tra i fantasmi di un autore di cui subisce un fascino inspiegabile, troviamo questo protagonista nel deserto messicano con una macchina a noleggio a seguire una pista dei cani. Pista che serve per arrivare a trovare l’erede reale di Carlo Coccioli in Messico, Javier, amante prima e fedele segretario dopo. Ma, pure, attraverso la strana Kabala dei nomi dei cani disseminati nei libri del grande scrittore del novecento, arrivare a trovare il grande enigma, il Grande Karma, il libro inedito e introvabile che, forse, nemmeno esiste.

Di questo e tanto altro ancora abbiamo parlato con Alessandro Raveggi su Book Advisor in una calda serata di luglio e con un pubblico numerosissimo e attento di lettori forti. E il giorno successivo, in libreria ai Diari, abbiamo, assieme, accolto il pubblico dei lettori e curiosi e allievi dei corsi che Alessandro Raveggi, ormai da diversi anni, tiene da noi.

Inseguendo Enrico Capponi ci siamo messi, pure noi, sulle tracce delle molteplici e sfuggenti vite di Carlo Coccioli, lo scrittore ribelle, lo sconveniente autore di romanzi autobiografici pieni di allucinazioni. Un viaggio interlinguistico quello che Alessandro Raveggi costruisce in vari luoghi sparsi per il mondo: un viaggio sulle tracce e le orme di Carlo Coccioli che diventa anche viaggio dentro un’anima e i pensieri e le ossessioni di Enrico Capponi. Spostandosi tra il Messico, Parigi e Firenze, con un montaggio pazzesco, vengono alternati brani e parole tratti dai romanzi di Carlo Coccioli, dai suoi epistolari, dalle opere di amici di Coccioli come Malaparte e Cocteau, dai diari di Dina Buoninsegni, la fidanzata di Enrico, dalle lettere che quest’ultimo spedisce a lei; e il tutto in un incredibile gioco di specchi e rimandi.

Enrico, giovane ricercatore precario, benestante e prossimo alle nozze con Dina, su invito del professor Merendoni, parte da Firenze alla volta del Messico alla ricerca di un fantasma, di uno scrittore alieno e misconosciuto in Italia, ma che, paradossalmente, in vita riceveva migliaia di lettere da lettori e fanatici, pur incontrando, tuttora, un incomprensibile disinteresse da parte di critici e studiosi. Nel romanzo documentario di Raveggi, ci si mette, con il protagonista, a inseguire uno scrittore eretico, perennemente insoddisfatto e inquieto, che ogni anno seguiva una chiesa e una parrocchia diversa, ma che in letteratura sperimentava, osava, azzardava, coraggiosamente. Come dice uno dei personaggi comprimari del romanzo, la ricca anziana ebrea Ruth, Coccioli nel suo girovagare aveva perso ogni patria ed era come braccato da satana, da quel demone che divora l’anima a tutti gli individualisti. La patria, la perdita e l’annientarsi sono i tre temi intorno ai quali si costruisce e snoda la vicenda nel romanzo, e la vita del grande scrittore finisce per moltiplicarsi in quella degli altri personaggi, si specchia e diventa sofferente assieme a loro. La vita di Coccioli diventa ossessione per Enrico, che tra i meandri e i misteri si perde, si ritrova e si perde ancora. Coccioli era nato a Livorno esattamente un secolo fa, nel 1920. Vive la sua infanzia nell’Africa italiana e poi adolescente a Parma, e a seguire Fiume, Napoli e Firenze. Il successo lo raggiunge nei primi anni cinquanta, però in Francia e sotto l’ala protettrice di Curzio Malaparte. Vive diversi anni a Parigi e fugacemente anche in Canada, prima di trasferirsi definitivamente in Messico, dove ha vissuto per mezzo secolo e dove muore nel 2003. Prima di diventare uno degli scrittori più irregolari e controversi del nostro panorama letterario, Coccioli era stato anche un eroe della Resistenza italiana e, dopo il conflitto mondiale, gli viene pure conferita una medaglia d’argento al valor militare. Omosessuale, dopo la guerra, abbandona prima l’Italia e poi l’Europa, anche per questa ragione. I suoi romanzi sono di una modernità spiazzante: c’è Dio mescolato al sesso, l’omosessualità dichiarata e ostentata in rapporto con la cultura cattolica dominante. Lo si intuisce bene dal romanzo di Raveggi, che accanto al travaglio spirituale di un’epoca che cambia c’è sempre l’anima sofferente di un uomo in ricerca e che dal cattolicesimo passa all’ebraismo ortodosso per poi approdare al buddismo. Anticipatore di tendenze letterarie, animalista, ispiratore degli Alcolisti anonimi italiani, ma, di lui, molti sanno ancora troppo poco, nonostante i grandi e indiscutibili meriti. La maggior parte dei suoi romanzi, pubblicati in Francia e Messico per grandi editori, mai arrivati in Italia, o arrivati tardi, come il capolavoro Fabrizio Lupo, pubblicato nei primi anni Cinquanta e tradotto da noi solo dopo oltre vent’anni nel 1978. A rendere sfuggente la sua identità concorrono sicuramente l’aver fatto uso di tre lingue diverse per le sue opere, ma anche i temi affrontati nei romanzi e la sua eccentricità. Molti suoi romanzi s’ispirano a un cattolicesimo inquieto, che richiama le tematiche di G. Bernanos e G. Greene: Il cielo e la terra (1950), Fabrizio Lupo (1952), Uomini in fuga (1973), Davide (1976). Negli ultimi anni si accosta al misticismo orientale (Piccolo Karma, 1987; Budda e il suo glorioso mondo, 1987).

Nel bel romanzo di Raveggi non c’è nessun approccio accademico nell’avvicinarsi alla storia di Coccioli, anzi si finisce, nel finale, per fare persino una parodia di quel mondo accademico che non ha mai voluto approfondire abbastanza su Coccioli. La scrittura romanzata, a metà strada tra il romanzo e il saggio, finisce per creare un libro nel libro, quasi un gioco di scatole cinesi in cui le dimensioni temporali e le due storie si alternano sapientemente tra loro, con i personaggi che giocano e scalano l’impalcatura della trama. Romanzo che alla fine diventa uno stimolo, un pungolo ma anche una mappa per orizzontarsi e proseguire il viaggio attraverso la lettura delle opere di Coccioli. Da lettore e libraio porterò a lungo con me, in questa estate di letture, i personaggi di questo Grande Karma, e in particolare Lola, l’amore messicano di Enrico, e quel loro viaggio fatto assieme per librerie. Sono molto felice di poter concludere questa mia prima collaborazione con Satisfiction attraverso una Cronaca del libraio incentrata sul libro di un caro amico sensibile come Alessandro Raveggi. Ne approfitto per ringraziare Gian Paolo Serino per questa grande opportunità che mi ha voluto dare e poi Silvia Castellani che mi è stata sempre vicina, con attenzione e pazienza e gentilezza. Ci vediamo a settembre alla riapertura!

Antonello Saiz

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