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R.A.J. Waddingham. Adriano IV. Nicola Breakspear, il Papa inglese

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L’elezione al soglio pontificio, poco tempo fa, l’otto maggio scorso, del cardinale statunitense Robert Francis Prevost, qui sibi nomen imposuit Leonem (XIV), primo Papa nordamericano (dacché, chi lo vuol presentare come il primo Papa americano della Storia forse dimentica, o vuol dimenticare, il suo predecessore, Jorge Mario Bergoglio/Francesco) a succedere a San Pietro, ha decisamente impressionato i fedeli e gli analisti – ai più vari livelli e delle materie più disparate – di tutto il mondo, stante anche, io credo, la tesissima situazione geopolitica attuale, e il ruolo di assoluto primo piano che vi giocano gli Stati Uniti d’America, con Donald Trump tornato alla loro guida.

Proviamo dunque ad immaginare quale può essere stata la sensazione a pervadere l’Europa (che, all’epoca, significava mondo) del XII secolo alla notizia dell’elezione di un Papa inglese, chiaramente al netto della minor velocità con la quale giungevano le informazioni e della quasi minima, se paragonata a quella di oggi, capillarità di esse. Tra 1154 e 1159, infatti, il soglio petrino fu occupato da tal Nicholas Breakspear, il quale scelse il nome pontificale di Adriano IV, ad oggi l’unico Vicario di Cristo proveniente da Oltremanica.

Nato intorno al 1100 ad Abbots Langley, località dell’Hertfordshire, contea dell’Inghilterra orientale, il suo cursus honorum non si svolse secondo quelli che, più o meno, sono considerabili gli standard della carriera ecclesiastica (di allora). Non provenendo da famiglia agiata – suo padre viene menzionato come “un pover’uomo di chiesa”, talvolta nel senso di fratello laico, talaltra come vero e proprio sacerdote o comunque consacrato, cosa che lascerebbe propendere per la condizione di figlio illegittimo per Nicholas e anche per suo fratello minore Ralf – tutti i successi che ottenne nel corso della sua vita professionale e consacrata, culminati nell’elevazione al soglio nel 1154, sono da ascrivere esclusivamente ai suoi impegno, perizia e perseveranza.

Respinto in occasione dell’ “esame di ammissione” per entrare nell’abbazia benedettina di St. Albans, la stessa presso cui “aveva ricevuto l’abito” suo padre Robert (o, secondo altri documenti, Richard) – l’abate gli disse: “Aspetta, figlio mio, e impegnati di più a scuola, così potrai essere meglio preparato”, di fatto “rimandandolo” – Nicholas non si perse d’animo e prese, giovanissimo, la via della Francia (forse è anche a causa di ciò, dell’aver lasciato così giovane la sua terra natale – e, di fatto, il non esserci più tornato – che in Inghilterra il suo nome e la sua opera sono ancora semisconosciuti, il tutto insieme, ovviamente, alla politica, culturale e religiosa, ferocemente anticattolica che iniziò a farla da padrona, nelle lande inglesi, da un certo periodo in poi), prima completando la sua preparazione presso i Premostratensi (o Norbertini) di Arles, presso i quali fu rivestito dell’abito di consacrato, ordine di canonici regolari seguenti la regola agostiniana, quindi bruciando le tappe e divenendo, a nemmeno quarant’anni d’età, abate di Saint-Ruf, ad Avignone, monastero retto dai canonici regolari di San Rufo, congregazione seguente anch’essa la regola di Sant’Agostino sorta in Provenza nel 1039 e soppressa nel XVIII secolo. Da qui in poi la vita di Nicholas Breakspear comincia a farsi davvero intensa, tra successi indubbi e gelosie e invidie mal riposte (le prime a Saint-Ruf stesso, dove presto i monaci “si rammaricarono e si arrabbiarono di aver innalzato un viandante sopra le loro teste”). Entrato nelle grazie del regnante Pontefice, Eugenio III (Pietro Bernardo dei Paganelli), non per magheggi, spinte o raccomandazioni, ma esclusivamente per l’impegno profuso a maggior gloria di Dio e della Sua Santa Chiesa, questi gli impose la berretta cardinalizia, elevandolo, durante il concistoro del 1146, cardinale-vescovo della Diocesi suburbicaria di Albano (almeno onomasticamente ironico per chi, come lui, era stato respinto a St. Albans; nacque anche un detto sulla curiosa vicenda: “Riuscì ad Albano dopo aver fallito ad Albans”). Ma era destino che Nicholas ancora non si dovesse fermare, quindi eccolo inviato, prima da Papa Eugenio, quindi confermato dal suo successore, Anastasio IV (Corrado della Suburra), a dirimere le questioni, personali e burocratiche, che vedevano protagoniste le chiese dell’Europa settentrionale, Danimarca, Svezia e Norvegia; compito che portò a termine, come suo solito, con impegno ed efficacia, motivo per cui, in quelle zone quasi all’estremo nord del continente, nonostante in seguito abbiano abbracciato, più o meno a maggioranza, confessioni cristiane riformate, la figura e l’opera di Nicholas Breakspear sono tutt’oggi ricordate e apprezzate.

I tempi apparivano dunque decisamente maturi per la massima carica della gerarchia ecclesiastica, quella a cui Nicholas sembrava destinato oramai da tempo e alla quale, forse, tutte le difficoltà che il nostro dovette patire, fin dalla sua più tenera giovinezza inglese, erano state di preparazione affinché la potesse ricoprire con le massime forza, virtù e temperanza. Venuto a mancare l’anziano pontefice Anastasio IV, regnante per pochi mesi tra 1153 e ’54, la maggioranza del Sacro Collegio, riunitosi nella Basilica Vaticana, lo innalzò al Papato, il 4 dicembre dell’Anno Domini 1154 (quello dal quale uscì Papa fu anche il primo e unico conclave cui il Cardinal Breakspear prese parte; al precedente, quello dal quale ne uscì pontefice Anastasio IV, non poté poiché impegnato nella legazione in Scandinavia). Arrivati a questo punto, capiamo benissimo che l’assunzione del potere, spirituale e temporale, sotto il nome di Adriano IV, non fu per Nicholas, un avvenimento fortuito (per quanto, per chi, cattolico, tratti la vicenda, indubbio deve essere ritenuto l’intervento dello Spirito Santo) e, proseguendo nella lettura del bel saggio di Waddingham, economista britannico cattolico (il secondo dei suoi tre nomi, Adrian, gli fu dato proprio in onore dell’unico Papa inglese) col pallino per la Storia – dal suo punto di vista di cattolico inglese, al contempo universale e patria – capiremo anche che non fu l’arrivo ad una meta col sapore della fine, ma un altro inizio!

Sì, perché la situazione socio-politica, e anche religiosa, nell’Europa del XII secolo, tutto poteva dirsi fuorché tranquilla – tra lotte per le investiture, perenne odor di Crociata e gli inizi della predicazione di tutta una serie di personaggi presto definiti “eretici” dall’ortodossia cattolico-romana – , e Adriano IV, lungi dal rappresentare quel pontificato di transizione che forse qualcuno si aspettava, non mancò mai di difendere “la dignità della Chiesa e della sua carica piuttosto che di sé stesso” inteso come persona, anche di fronte alle prove di forza del rappresentante dell’altro potere ecumenico, legato a filo doppio – piaccia o meno – al Papato, quell’Impero al cui vertice c’era, allora, nientemeno che il celeberrimo Federico Barbarossa. Ma l’uomo più potente d’Europa, per il sentire comune, era comunque il Papa, indi per cui, all’epoca, Adriano IV, “al quale i re dovevano reggere la staffa del cavallo per farlo sedere in sella”.

Lungo le quasi 400 pagine del suo denso e informato saggio (corredato, ulteriore punto a favore per la casa editrice che ne propone la traduzione in italiano, ad opera di Giorgia Payano, la Gingko Edizioni di Verona, di ricco apparato di note a piè di pagina, apprezzabile apparato iconografico e dramatis personae in apertura), l’autore, con una minuzia davvero chirurgica, mette il lettore a conoscenza dei fatti principali attinenti la vita pubblica di Nicholas/Adriano, ma anche quelli più personali, che, a una prima lettura potrebbero sembrare secondari, e però, stante l’assoluta scarsità di informazioni facilmente reperibili su questo Pontefice, divengono in realtà anch’essi necessari.

Curioso il riferimento a quanto Adriano, pressoché misconosciuto o palesemente non riconosciuto nel suo valore in patria, non lo sia nemmeno nella vicina Irlanda, terra che ha sempre calcato molto la mano sulla propria identità cattolica, di contro a quella inglese, presto protestantizzatasi: ma il motivo c’è, e sta nell’avallo papale che Adriano avrebbe dato alle mire espansionistiche dell’allora sovrano inglese, Enrico II Plantageneto, proprio sul Paese Verde. Curiosa anche la narrazione che i sostenitori dell’Impero misero in giro circa la sua morte, occorsa ad Anagni il 1° settembre del 1159: sarebbe stata causata dall’ingestione involontaria di una mosca mentre beveva da una fontana, la qual cosa gli avrebbe causato un soffocamento letto però come una punizione divina per non aver riconosciuto il dovuto rispetto all’autorità imperiale, mentre è oramai pacifico che la causa della morte di Adriano IV sia da ricercarsi in un’angina pectoris, per quanto non manchino riferimenti all’avvelenamento, riferimenti che, però, non mancano riguardo a nessuna delle morti improvvise accadute ai tempi.

Personalmente, mi sento di concordare con una delle chiose finali dell’autore: “Adriano servì bene la sua Chiesa e fu solo la brevità del suo regno che gli impedì di essere visto come un grande papa”. Certo, la Chiesa immediatamente successiva al pontificato di Adriano IV non visse bei momenti, con l’inconciliabilità – già palesatasi durante il suo pontificato (da notare che usava definire il seggio petrino “la sedia piena di spine”) – tra cardinali “siciliani” (cioè parteggianti per il Re di Sicilia Guglielmo I, detto il Malo) e “tedeschi” (cioè dalla parte dell’Imperatore) che si fece insanabile, portando ad un piccolo scisma, con la maggior parte del collegio cardinalizio che fece convergere i propri voti su Alessandro III Bandinelli (legittimo pontefice) e una minoranza, quella filoimperiale, che elesse invece l’antipapa Vittore IV (il famigerato Cardinale Ottaviano).

Se si esclude la biografia, datata 1925 e titolata The English Pope (Adrian IV), di Edith Martha Almedingen, quella che vado qui recensendo è di fatto la biografia più organica e completa – in una parola, definitiva – di Papa Breakspear (escludendo anche la Vita Hadriani IV del Cardinal Bosone, Camerlengo di Santa Romana Chiesa oltre che tra i più ascoltati consiglieri di Papa Adriano per diverso tempo ritenuto erroneamente anche nipote del Pontefice, che però, pur essendo di fatto coeva ai fatti narrati, aveva il sapore dell’agiografia). A proposito di primati geografici papali: per quanto riguarda i libri su Leone XIV la piaga degli instant books sta purtroppo già imperversando, spero dunque di poter procedere quanto prima alla lettura di uno dei testi disponibili su di un papa che con Adriano IV condivide il nome ma che una primazia possiede lui pure; Adriaan Florenszoon Boeyens d’Edel, brevemente sul soglio petrino tra 1522 e ’23 col nome di Adriano VI, l’unico papa olandese della Storia.

Alberto De Marchi

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